Agrumi, scenari catastrofici per la Sicilia dopo l’accordo Marocco-Ue

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Il Marocco ha creato 1.200 ettari di nuovi impianti per la produzione di agrumi. Secondo il Ministero dell’agricoltura marocchino, quest’anno la produzione aumentera’ del 6% rispetto alla stagione precedente, per un totale di 1,86 milioni di tonnellate. Secondo l’Associazione di produttori di agrumi del Marocco (Aspam), l’aumento dell’offerta si tradurra’ in un incremento dell’8% delle esportazioni. ”Di fronte a questo quadro l’agrumicoltura siciliana subira’ un colpo mortale”, affermano il presidente e il direttore regionale della Coldiretti siciliana, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione, in relazione al progetto di risoluzione legislativa che riguarda la decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo, in forma di scambio di lettere, tra l’Unione europea e il Regno del Marocco. ”La produzione di arance marocchina e’ stimata in 975.000 tonnellate il 52,3% del totale degli agrumi. Non e’ certo ancora quantificabile la percentuale di agrumi che arriveranno in virtu’ di questo accordo scellerato – aggiungono. Ma anche solo un’arancia in piu’ che arriva dal Nordafrica e’ una arancia in meno che i nostri produttori riusciranno a vendere. Si tratta di un tentativo di modificare per legge il panorama agricolo siciliano con gravissime ripercussioni occupazionali”. ”A questo punto – proseguono i vertici della Coldiretti regionale – ci aspettiamo che il governo siciliano intervenga sull’esecutivo nazionale per azioni concrete che salvino la nostra agrumicoltura come l’aumento di percentuale di agrumi nelle bibite. Ci aspettiamo che la deputazione isolana e italiana crei una trincea verso le norme che aiutano paesi extraeuropei”. ”E’ anche necessario tener conto dei diversi standard produttivi in termini ambientali, fitosanitari e di qualita’ dei prodotti originari del Marocco – concludono Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione e che il sistema europeo dei prezzi di entrata per tali importazioni non tiene conto dei costi di produzione e di manodopera propri all’Ue”.

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