Il sogno del Ponte sullo Stretto torna a rivivere grazie al governo Renzi che nella nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza ha finanziato con la cifra di 1 miliardo 287 milioni 324mila euro la società Stretto di Messina, che il governo tecnico guidato da Monti aveva provato a seppellire un paio d’anni fa.
Con Renzi, quindi, torna in auge quello che è il progetto più grande e ambizioso della storia italiana, su cui il ministro alle Infrastrutture e ai Trasporti Maurizio Lupi s’è sempre espresso in modo favorevole.
Con questo provvedimento renziano, quindi, si chiude un’epoca, quella in cui il Ponte sullo Stretto veniva considerato una bandiera del centro/destra e di Silvio Berlusconi. In realtà il progetto del Ponte aveva origini ben più nobili e antiche.Ripercorrendo la storia del progetto di collegamento stabile tra la Sicilia e il Continente, infatti, scopriamo tanti documenti sorprendenti che smentiranno molti luoghi comuni e che potranno far tornare la memoria a tutti coloro che dimenticano facilmente.E’ dalla notte dei tempi che si parla di collegamento stabile nello Stretto di Messina: antiche cronache, miti e leggende narrano di idee, e di vere e proprie pazzie, pur di collegare Scilla a Cariddi e viceversa.
IL PRIMO PONTE DELLO STRETTO, COSTRUITO DAI ROMANI 2.260 ANNI FA – In realtà il primo Ponte sullo Stretto lo costruirono gli Antichi Romani, nel luglio 250 a.C. Secondo lo storico Strabone, infatti, il console Lucio Cecilio Metello, vincitore di Asdrubale nella battaglia di Palermo (siamo nel clou delle guerre Puniche), deve trasferire dalla Sicilia al continente i 104 elefanti che ha appena catturato ai cartaginesi, venuti in Sicilia dall’Africa in soccorso di Annibale. Così, questo console geniale e illuminato, decide di far costruire una passerella galleggiante impiegando centinaia di botti legate a due a due, sovrastate da tavole di legno su cui viene messa della terra. La struttura, munita di grandi e robusti parapetti ai lati per non far cadere gli elefanti in acqua durante le operazioni di attraversamento, ospita anche carri e soldati.Una leggenda Romana narra che, sconfitti i cartaginesi in Sicilia, questo ponte galleggiante viene lasciato lì, nello Stretto, e che riesce a resistere per diversi mesi alle intemperie, prima di venir spazzato via dal mare, consentendo agli abitanti delle due sponde dello Stretto di entrare in contatto in modo molto facile, semplice e veloce.
DA CARLO MAGNO A ZANARDELLI – Nel corso, poi, del IX secolo d.C., in pieno medioevo, l’imperatore Carlo Magno, arrivato in Calabria, nota quanto in realtà le due sponde dello Stretto siano vicine, e decide di realizzare una sequenza di ponti galleggianti sul mare.Nel 1140 è il Re di Sicilia, Ruggero II, ad avviare delle esplorazioni nello Stretto per studiare le correnti e la fattibilità di realizzazione di un ponte tra le due rive.Più vicino ai giorni nostri, e con opere maggiormente concrete e meno leggendarie, nel 1866 l’on. Jacini, Ministro ai Lavori Pugglici, incarica Alfredo Cottrau, costruttore di ponti e strade ferrate, di studiare la possibilità di realizzare un collegamento stabile tra Calabria e Sicilia tramite lo Stretto.Nel 1876, nel clou del dibattito sull’attraversamento stabile dello Stretto di Messina (parliamo di 143 anni fa !!!) Giuseppe Zanardelli in parlamento tuona: “Sopra i flutti o sotto i flutti, la Sicilia sia unita al Continente“. Sono i mesi in cui si discute addirittura della possibilità di realizzare un tunnel sottomarino, poi bocciata nel corso del ‘900 per il non superamento degli esami di fattibilità.Ma, appunto, veniamo al ‘900. Il secolo vive i più ferventi dibattiti, e anche le prime tappe legislative e burocratiche, ed è ricco di colpi di scena – prettamente politici – rispetto alle idee bislacche che ci siamo fatti oggi (e che cioè il Ponte sia un’opera di destra, e che le sinistre siano contrarie). Il 21 marzo 1965, la “Domenica del Corriere” titola “La Sicilia diventa continente”, con una gigantografia del Ponte su cui passa un carretto Siciliano in direzione della Calabria. Il 28 maggio 1969 l’ANAS, in collaborazione con l’Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, bandisce il famoso “Concorso Internazionale di idee per il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente”. I partecipanti sono 143, e in sei vincono il primo premio ex equo con altrettante menzioni.Tra questi sei progetti, uno prevede il passaggio sottomarino, gli altri un attraversamento tramite ponti sospesi a una o più campate.
LA NASCITA DELLA SOCIETA’ STRETTO DI MESSINA – La prima, vera, svolta arriva nel 1971, quando con la legge 1158, il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il Continente viene definito dal parlamento “opera di prevalente interesse nazionale“: sembra coronarsi il sogno della comunità scientifica Italiana.La legge prevede di affidare lo studio, la progettazione e la costruzione, nonchè l’esercizio del solo collegamento viario, ad una società per azioni a costituirsi, di cui faranno parte le Ferrovie dello Stato, l’ANAS, la Regione Sicilia e la Regione Calabria con quote del 12,25% ciascuna, e l’IRI con una quota del 51%.Nel corso degli anni ’70 è il Partito Comunista Italiano a fare pressioni sulla Dc che si cullerebbe troppo sugli allori delle poltrone di potere, senza -realizzare in tempi stretti il Ponte-.Gli anni ’80 sono quelli del clamore mediatico e del grande entusiasmo popolare: il Paese è favorevole al progetto del Ponte, portato avanti con grande passione dal quotidiano -la Repubblica- che il 15 agosto 1984 titola: –Nove Italiani su dieci vogliono il Ponte dello Stretto-, pubblicando i risultati di un sondaggio di Demoskopea secondo cui l’85% della popolazione Italiana pensa che l’opera si debba fare e che porterà un grande vantaggio al nostro Paese.Nel 1981 era nata la società -Stretto di Messina S.p.A.-, che nel corso di quel decennio avvia la fase operativa per la progettazione definitiva del Ponte, in un clima di assoluta convinzione generale che il Ponte fosse qualcosa di positivo e costruttivo.Berlusconi ancora – politicamente – non esiste. E la Repubblica è la voce, politica e spesso partitica, che più di ogni altro mass-media portava avanti l’idea di fattibilità del Ponte. Il progetto definitivo è datato 1992: la società Stretto di Messina presenta in quell’anno ad ANAS e alle Ferrovie dello Stato il progetto del ponte a campata unica, quello considerato valido ancora adesso, e tutti i governi che si sono susseguiti nel corso degli anni ’90 portano avanti l’iter per la realizzazione della grande opera.
Il progetto presentato nel 1992 prevede anche la sistemazione di tutte le opere infrastrutturali di collegamento, quali la Messina – Palermo, la Salerno – Reggio Calabria e la linea ferroviaria ad alta velocità Napoli – Reggio.Nel progetto si prevede un servizio ferroviario di “Metropolitana dello Stretto” con otto fermate tra Reggio e Messina, per un tempo di percorrenza, totale, di appena 30 minuti: gli angoli opposti ed estremi delle due città dello Stretto, con il Ponte, sarebbero collegati dai treni in meno della metà del tempo che ci vuole a collegare un capo all’altro di città come Roma e Milano.La concezione tecnica del Ponte, nel progetto del 1992, è di assoluta avanguardia a livello mondiale, e fu concepito per resistere a terremoti ancor più forti di quello che nel 1908 sconvolse Reggio e Messina, ed a venti con velocità superiori a 216km/h, mai verificatisi nello Stretto.L’iter prosegue, politicamente in modo trasversale, nella seconda metà degli anni ’90. Berlusconi era ormai nel primo piano della scena politica nazionale, ma al governo c’era il centro/sinistra (Prodi, Amato, D’Alema), che aveva vinto le elezioni del 1996, e che si trovò a dover decidere cosa fare del Ponte.E, ovviamente, in coerenza con tutto quanto espresso nei decenni precedenti, decise di portare avanti a grandi passi il progetto.Nel 1997 il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici esprime parere favorevole sul progetto del 1992.Nel 1999 il Cipe, presieduto dall’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, nomina due advisor indipendenti per acquisire nuovi elementi per la valutazione finale: la Steinman Int. – Gruppo Parson per valutare gli aspetti tecnici, e una ATI guidata dalla Pricewaterhouse Coopers per sistemare gli aspetti territoriali, ambientali, economici e finanziari. Nel 2000 gli advisor consegnano i rapporti finali e viene riconosciuta la fattibilità economica, finanziaria, trasportistica ed ambientale, ritenendo la soluzione del ponte la pià vantaggiosa rispetto a qualsiasi altro scenario alternativo: i vari esponenti del centro/sinistra proclamano il trionfo di progresso e sviluppo, annunciando a breve l’apertura dei cantieri.Ma nel 2001 finisce il mandato di quel governo e inizia la dura campagna elettorale tra Berlusconi e Rutelli.
In quei giorni, Silvio Berlusconi girava, tra una TV e l’altra, con la famosa lavagnetta (immagine a corredo dell’articolo) in cui illustrava le priorità infrastrutturali del suo governo, qualora gli Italiani l’avessero votato: e ovviamente c’è sempre, tra le priorità, la realizzazione del Ponte sullo Stretto.Berlusconi fa, sì, del Ponte una bandiera. Ma senza volerlo far diventare un’esculsiva: “Vogliamo continuare sulla scia di quanto di buono ha fatto la sinistra in questo settore. Il Ponte dello Stretto è una delle nostre priorità perchè è una delle priorità che aveva il governo prima di noi che ci sta dando il testimone“, dichiara Berlusconi poco dopo esser stato eletto.E così nel 2001 il nuovo governo Berlusconi definisce il primo programma delle infrastrutture e degli insediamenti strategici produttivi, in ciu era compreso il Ponte, che venne nuovamente approvato dal Cipe.Il 21 dicembre 2001 passa la famosissima e determinante “Legge Obiettivo- n° 443” che avviava subito il progetto del Ponte prevedendo, nella sua prima fase, il completamento delle arterie viarie principali di Calabria e Sicilia intorno allo Stretto.
Così, per la prima volta dopo un paio di decenni, dallo Stato arrivarono gli attesi fondi e gli attesi finanziamenti per sbloccare i cantieri dell’A3, chiusi da 27 anni, e oggi quasi completata grazie a quella legge, e per ricominciare con il progetto della Messina – Palermo, che lo stesso Berlusconi poi inaugurerà nel 2006. Intanto nel 2003 viene approvato il progetto preeliminare del Ponte e il 15 aprile 2004, lo Stato pubblica sulla “Gazzetta Ufficiale” il bando di gara internazionale per la selezione del -General Contractor- al quale affidare la progettazione definitiva, esecutiva e realizzativa del Ponte. L’importo a base di gara è di 4,4 miliardi di €, e il termine di esecuzione dei lavori è di sei anni e sei mesi dalla data di inizio delle attività, al netto dei tempi per le necessarie approvazioni progettuali. Nell’ottobre 2005 Impregilo, a capo di una cordata di aziende internazionali, si aggiudica la gara, battendo la cordata concorrente guidata dalla capogruppo Astaldi. Il 27 marzo 2006 viene firmato il contratto di assegnazione, prima delle nuove elezioni vinte dal centro/sinistra e da Romano Prodi che, con Alessandro Bianchi come Ministro dei trasporti, esordiscono il giorno del giuramento dei ministri con un “Il Ponte non lo faremo mai” che segna una svolta nella storia politica della sinistra, che per la prima volta si pone contro alla realizzazione del Ponte.E ad affossare definitivamente il progetto Ponte, rendendo vani tutti i sacrifici degli ultimi decenni, il governo Prodi ci ha provato davvero: il 25 ottobre 2007 alcuni parlamentari di maggioranza andavano a proporre l’emendamento che prevedeva lo scioglimento della Società Stretto di Messina S.p.A. Il governo Prodi, però, quel giorno incassò in aula una delle tante sconfitte di quella legislatura poi conclusasi prematuramente, e il parlamento decise di non sciogliere la società.
Nel 2010 il nuovo governo Berlusconi decide di riportare avanti il progetto del Ponte che, riprendendo le parole di Pietro Ciucci sarebbe “uscito dal coma farmacologico degli ultimi tre anni“. Ma poi è arrivato il governo tecnico di Mario Monti che ha deciso di archiviare il progetto e così, siamo arrivati dal console Lucio Cecilio Metello ai giorni nostri: chissà cosa penseranno gli antichi Romani, se dall’alto dei cieli possono ancora vedere in che stato si trova la loro piccola grande Italia. Loro, più di 2.250 anni fa, erano riusciti a prendere una decisione e a concretizzarla laddove oggi regna ancora l’incertezza. Renzi riuscirà a dove tanti, prima di lui, hanno fallito? Tra le due sponde dello Stretto (e non solo) se lo augurano in tanti.