Reggina, un grande tifoso a StrettoWeb: “Falcomatà avrebbe potuto fare tanto, non tiferemo mai per un’altra squadra”

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Reggina, la riflessione di Gianni Basi sul fallimento del club amaranto

reggina (3)Gianni Basi è un grandissimo tifoso della Reggina; emigrato da anni in Toscana non ha mai spesso di seguire le tribolate vicende della sua città e quelle, fino a qualche anno fa molto più entusiasmanti, della sua amata squadra amaranto. Affezionatissimo lettore di StrettoWeb, con cui quotidianamente riesce a tenersi aggiornato con ciò che accade nella sua terra, Gianni ci ha scritto oggi una riflessione molto approfondita sulle sorti della Reggina: “Benchè legata ad un fatto di sport, la disamina del direttore di StrettoWeb è il più bel segno d’amore mai letto su questa città di cui, la Reggina, ha assunto negli anni anche il ruolo di costola fruttifera oltre quello, antico, di passione inestinguibile. Oggi, Reggio, forse solo ora si è resa o si sta rendendo conto di quanto quel colore amaranto –  di cui si fregiavano, tra B e soprattutto A, giornali e televisioni con, tra l’altro, un CD colonna sonora di “Quelli che il Calcio” dei primi anni 2000 che cantato da Simona Ventura citava non tutte le squadre del campionato ma la “sorprendente” Reggina sì, celebrata anche per storici pareggi e vittorie fra Juventus, Milan, Inter, Roma – fosse stato, e lo è ancora e lo sarà sempre, il colore che faccia da colonna portante di una Reggio che deve riprendere ad essere cazzuta, protesa a decolli internazionali che non vogliono dire solo calcio, ma cassa di risonanza nel gridare “Reggio c’è!”, “Reggio è questa!”, “Reggio è la cosa più bella che tutti dobbiamo rendere tale!”. E non solo nel quando, sulla scia del successo calcistico (e Foti non si può non definirne l’artefice) la città veleggiava in piccole importanti ricostruzioni: lungomare per primo, nonchè via via ed anche sotto altre amministrazioni sede di manifestazioni a carattere nazionale (una tappa meravigliosa di un “Torno Sabato” con Panariello, un immenso concerto di piazza con Muti, danze e show tra lungomare, piazza Camagna e il Castello, il Giro d’Italia, la visita del Papa, alcuni film di nicchia e tanto altro) destando ammirazione per quanto veniva fatto e attesa per quanto si sarebbe ancora dovuto e voluto fare per brillare sullo Stretto come non mai. Con un sindaco, Falcomatà, entusiasta nel suo primario spingere la città a diventare non solo sempre più bella ma più importante, più conosciuta, desiderata e cercata sulle mappe da stessi italiani che non ne conoscevano nemmeno la posizione geografica, e soprattutto perchè fosse amata da quegli stessi tanti reggini che mai si fossero prima interessati a tracciarne nè sorte nè gloria, rassegnati e contenti solo di passeggiarla, quella Reggio lunga lunga, guardandone i negozi e sedendosi a tempo (troppo) perso ai tavolini dei bar. Adesso, un altro Falcomatà, da sindaco anche lui, avrebbe tutte le possibilità di seguire le orme del grande papà e, nel caso del salvataggio della Reggina, avrebbe quantomeno dovuto dimostrare di battersi con le unghie e con i denti. Ma entrambe le cose sembrano essergli state, ed essergli, totalmente precluse, deludendo quanti hanno creduto in un giovane – qualunque ne fosse la matrice politica – che ancor più desse respiro nuovo e lustro a questa Reggio diventata da qualche anno parecchio malata. Di una malattia irriconoscibile se la si accusa nella sanità di un luogo incomparabile come lo Stretto, un luogo privilegiato della bellezza eccelsa di cui forse solo pochi reggini si sono mai veramente accorti e tuttora non riescono ad accorgersene. Come avessero occhi e cuore chiusi. Nelle amare lettere sulla nostra squadra che abbiamo qui letto in questi giorni non c’è solo il calcio, c’è una città in panne, ma fortemente amata. Onore a Francesco Saraceno e ad Antonio Morabito, un abbraccio a tutta quella “Ciau Reggina Mia” scritta con trepidazione da Carmelo Merenda che, nei giocatori della sua Reggina di quand’era piccolo mi ha fatto ricordare quella mia, di un po’ prima, col grande Maestrelli e con quei Persico Mupo Barbetta Baldini Gallusi Neri Alaimo Ferrario Santonico Florio Rigotto di quando, a stadio zeppo pieno, si cantava in coro quell’ “Olio petrolio e acqua minerale, per batter la Reggina ci vuol la nazionale!” che non significava ancora granchè nei confronti della forza del petrolio degli sceicchi o della digestione da “brio blu”, ma denotava una preveggente imperiosa presenza della Reggina, e di Reggio, Di fronte a tutto e a tutti. Poi, gli anni da cielo toccato con tutte le dita possibili coi Pirlo, Baronio Kallon, Possanzini, Taibi tanto per citare quelli più noti, col precedente di Causio, poi di Orlando, poi delle Bandiere Cirillo, Cozza, Mesto, e i gol pazzeschi di Bonazzoli e Amoruso… Sino a un fratello Missiroli che ogni volta mi… costringe, e credo non solo a me, a vedere, con un certo orgoglio, il Sassuolo…

reggina rispetto per chi non c'èReggio, per favore, non addormentarti ora su queste sventure. Dico Reggio e dico per suo conto anche Messina, da parte di un reggino innamorato (e innamorato anche che esistesse un vero derby da fiero combattimento) che finchè è stato su questa sponda dello Stretto si è svegliato su tante albe e Fate Morgane con la visione, rassicurantemente nemica e insostituibilmente attesa, di Messina davanti. 

E infine, come scrive di gran cuore Peppe Caridi, la sola vera e tonante voce coi ripetuti appelli per Reggio e la Reggina, di cui da lontano io abbia avuto notizia, chi vuole farne una pietosa squadra con un nome diverso, “che si metta l’animo in pace”. La Reggina è solo Reggina. Il suo nome è quello di una principessina regale, di una piccola favorita del Re. Da accudire, amare, coccolare. Ed ora aiutare a crescere e rinascere come un’araba fenice, e felice per sempre, finalmente. E che il nostro fiore all’occhiello sia, attraverso i colori amaranto, quello della voglia, della reazione, delle aspirazioni legittime – capito?: “legittime”! – dell’intera nostra città. Basta con gli esser conosciuti per quelli della ormai insopportabile per quanto panoramicamente bellissima  – e non lo dice nessuno, vigliacchi! –  “Salerno-Reggio Calabria”, o soltanto per i pur favolosi Bronzi che, ricordiamocelo, sono però venuti solo dal mare… Ragazzi, diamoci da fare, facciamo risplendere Reggio in ogni senso, in ogni luce dello Stretto. La mia più grande gioia sarebbe tornare e darmi da fare anch’io fra voi, dopo anni di “esilio”… E, il perchè, per dirla come nella poesia di Carmelo Merenda, così lo aggiungo: “Pirchì n’to me cori ‘a Reggina non murìu e non mori mai”. E Reggio, che basta guardarci veramente dentro per capire quanto sia luogo e città che ci è papà e mamma allo stesso tempo, nemmeno.  

Gianni Basi

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