Banda della Uno Bianca, permesso a Savi. Familiari vittime: “persone uccise non hanno permessi premi”

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uno-bianca-675E’ molto amareggiata Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione familiari vittime della Uno Bianca e vedova di Primo Zecchi, ucciso da Roberto e Fabio Savi il 6 ottobre 1990, perché stava annotando la loro targa dopo una rapina. La notizia del permesso premio di 12 ore a uno dei fratelli Savi, Alberto, è arrivata come un fulmine a ciel sereno. “Non dovevano darglielo quel permesso – dice ad AdnKronos -. le persone che ha ucciso insieme ai suoi fratelli non vanno in permesso premio. Sono morte per sempre”. “Da poco – racconta Zecchi – sono andata a due commemorazioni di due giovani innocenti di 27 e 21 anni, Carlo Beccari e Massimiliano Valenti, a cui la banda della Uno Bianca e i fratelli Savi hanno spezzato la vita. Hanno agito sempre con crudeltà e senza pentimento. Alberto Savi, inoltre, non si è mai assunto le sue responsabilità e non è vero che è il cosiddetto ‘fratello buono’ dei tre”. “Non credo proprio che l’arcivescovo Zuppi abbia influito sulla decisione del permesso premio – sottolinea Zecchi, parlando della lettera di perdono che Alberto Savi aveva mandato al prelato lo scorso settembre – e, comunque, la giustizia terrena è una cosa, quella divina un’altra. Se dopo che muoiono Gesù li vorrà perdonare va bene. Noi non perdoniamo”. “La mia preoccupazione – spiega Zecchi – è che ora inizino a dare permessi premio anche agli altri due fratelli. Tanti parenti delle vittime hanno paura. Io li ho visti al processo i fratelli Savi: Roberto Savi ci guardava e rideva”. “Il pentimento – conclude – è sempre comodo per avere sconti di pena e permessi ma hanno rovinato tante famiglie; molti dei feriti all’epoca hanno tuttora problemi di salute che vanno anche accrescendosi. Mi auguro che il magistrato di sorveglianza che ha dato il permesso a Savi abbia valutato bene la sua storia”.
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