Flussi migratori nel Mediterraneo: la Fao invita ad un confronto sulle politiche necessarie

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La Fao “se ben gestiti, flussi migratori sicuri, ordinati e regolari possono contribuire alla crescita economica, alla riduzione della povertà e alla sicurezza alimentare nella regione del Mediterraneo, attraverso il trasferimento di conoscenze, competenze e tecnologia”

I paesi del Mediterraneo “dovrebbero puntare ad un dialogo lungimirante“, orientato alla sicurezza alimentare e ad uno sviluppo rurale più inclusivo per meglio controllare le dinamiche migratorie, ha dichiarato oggi Maria Helena Semedo, Vice-Direttore Generale della FAO. La regione, che comprende paesi nell’area settentrionale, meridionale ed orientale del Mar Mediterraneo, presenta delle complessità molto particolari in materia di flussi migratori, ha affermato. Alcuni flussi si sovrappongono l’un l’altro, ed in particolare nella regione vi sono paesi che sono al tempo stesso paesi di origine, di destinazione e di transito per le popolazioni del Mediterraneo e per quelle delle regioni adiacenti come l’Asia Centrale, il Medio Oriente e l’ Africa Sub-Sahariana, ha detto Semedo. “L’aumentata complessità rende più urgente che mai un dialogo politico e degli scambi a livello regionale“, che investano una vasta gamma di settori normativi, ha detto. “L’immigrazione deve essere un’opzione positiva e costruttiva. Il problema per la FAO è che l’immigrazione deve essere una scelta e non una necessità.” Semedo è intervenuta al Forum sull’ Agricoltura, lo Sviluppo Rurale e le Migrazioni nella Regione Mediterranea, svoltosi alla FAO ed organizzato in collaborazione con il Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici Mediterranei (CIHEAM), l’Unione per il Mediterraneo (UfM) e l’Istituto Universitario Europeo (EUI). Esperti provenienti da organizzazioni internazionali, agenzie per la cooperazione allo sviluppo, istituti di ricerca, nonché professionisti del settore politico ed organizzazioni della società civile si sono riuniti per arrivare ad una migliore comprensione dei fattori e degli effetti delle migrazioni, al fine di sviluppare dei programmi e delle politiche più lungimiranti. La migrazione è “parte dello sviluppo” e le sue cause comprendono una moltitudine di fattori, dalle decisioni individuali alle dinamiche sociali e alle forze strutturali, ha detto Semedo. Ha anche importanti implicazioni in termini di produzione alimentare, gestione delle risorse naturali, protezione sociale e crescita economica inclusiva, tutti settori che negli ultimi 20 anni sono stati soggetti a grandi cambiamenti nella regione del Mediterraneo, ha aggiunto. L’opinione della FAO è che, se ben gestiti, flussi migratori sicuri, ordinati e regolari possono contribuire alla crescita economica, alla riduzione della povertà e alla sicurezza alimentare nella regione del Mediterraneo, attraverso il trasferimento di conoscenze, competenze e tecnologia. Ma i potenziali benefici dei movimenti migratori devono essere promossi attivamente tramite politiche coerenti che insieme controllino il suo potenziale e minimizzino i suoi effetti negativi.

Il lavoro della FAO

La FAO e i suoi partner lavorano per contenere i fattori negativi delle migrazioni, come la povertà, l’insicurezza alimentare e la disoccupazione, e cercando al tempo stesso di canalizzare il suo potenziale in termini di sviluppo. “La FAO ritiene che investire in agricoltura e sviluppo rurale sostenibile, in misure di adattamento al cambiamento climatico e in mezzi di sussistenza più resilienti sia un tassello importante della risposta mondiale alle migrazioni”, ha sostenuto, sottolineando come la FAO si impegni nel mantenere l’attenzione presente su di un tema che è diventato fortemente politico, portando esempi di natura politica, e considerando le agende umanitarie e dello sviluppo come complementari. La FAO co-presiede, assieme all’ Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, il Gruppo Mondiale per le Migrazioni, un consorzio di agenzie ONU che fornisce consulenza agli stati membri sull’Accordo Mondiale per le Migrazioni Sicure, Ordinate e Regolari, che si prevede verrà adottato a Dicembre 2018. Il Mediterraneo è sempre stato un crogiuolo di realtà diverse, e questo è stato un fattore fortemente caratterizzante della sua civilizzazione”, ha detto Gianni Bonini, vice-presidente del CIHEAM. Sarà necessaria un’ampia gamma di strumenti per indirizzare il trend verso gli Obiettivi mondiali di sviluppo sostenibile, ha detto, sottolineando che la crescita, le ineguaglianze, la marginalizzazione, la mancanza di opportunità lavorative decenti, i conflitti civili e le crisi ambientali sono tutte sfide da affrontare.

Il CIHEAM è un’organizzazione intergovernativa composta da 13 stati membri, deputata allo sviluppo sostenibile del settore agricolo e della pesca, alla sicurezza alimentare e alla protezione delle aree rurali e costiere. L’ Istituto Universitario Europeo è un’istituzione accademica che si dedica alla ricerca inter-discipllinare e comparata e alla promozione di studi sulle maggiori problematiche dei processi di integrazione e della società Europea. L’Unione per il Mediterraneo è un’Istituzione intergovernativa che coinvolge i 28 Stati Membri dell Unione Europea piu 15 paesi delle coste Meridionale ed Orientale del Mediterraneo per promuovere il dialogo e la cooperazione.

I temi chiave

Il Forum di oggi si è articolato in diverse tavole rotonde e sessioni parallele dove i partecipanti hanno discusso temi che spaziavano dall’emigrazione rurale – un tratto comune in tutta la regione – al futuro della produzione alimentare e all’ impatto della “fuga di cervelli” man mano che le opportunità lavorative per i giovani e le speranze su di esse vanno generalmente riducendosi. Sono stati al centro del dibattito anche argomenti di natura politica, come il ruolo delle rimesse nei paesi d’origine e le strategie di integrazione nei paesi di destinazione, nonché temi lagati al genere a a questioni ambientali come il rischio di desertificazione di alcune aree della regione. “Il Mediterraneo è un luogo di incontro di civiltà, idee e beni. E’ nostra responsabilità comune quella di rivitalizzare lo sviluppo rurale e sbloccare il potenziale che le migrazioni hanno in termini di crescita economica regionale“, ha affermato Junko Sazaki, Direttore della Divisione FAO per le Politiche Sociali e le Istituzioni Rurali.

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