Mafia, droga, racket e scommesse business boss: “nel Centro Italia capitali da riciclare”. Emerge dalla relazione curata da Frasca presidente della Corte di appello di Palermo
Il traffico di stupefacenti, acquistati soprattutto dalle organizzazioni calabresi e campane, e le estorsioni. Ecco il business principale di Cosa nostra palermitana. A indicare le principali fondi di reddito dei boss è la relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2018, curata dal presidente del distretto di Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca. “Continua l’espansione dell’infiltrazione nel settore dei giochi e scommesse soprattutto on line, che comporta, inevitabilmente, accordi illeciti con professionisti del settore – si legge nella parte relativa agli uffici requirenti -; permane la presenza nel campo degli appalti, ma la ‘gestione’ e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni, mentre per quelli di maggiori dimensioni si ricorre alle tradizionali forme del sub-appalto, del nolo a freddo e della vendita dei materiali da parte di ditte gestite da Cosa nostra o vicine”. Per quanto riguarda la destinazione geografica delle attività di riciclaggio poste in essere fuori dalla Sicilia, “sussistono, anche nel periodo in considerazione – si legge nella relazione -, concreti elementi per ritenere che, oltre a quelle tradizionalmente ramificate all’estero, la destinazione privilegiata delle somme da ‘ripulire’ in Italia non sia costituita dalle regioni del nord, bensì da quelle centrali, con particolare riferimento alla Regione Lazio”. Di fronte a una Cosa nostra ancora forte e nonostante “la meritoria attività di alcune associazioni antiracket, affidabili e realmente attive sul territorio”, resta “esiguo il numero delle vittime che, di loro iniziativa, denunciano gli autori delle estorsioni; sono più numerose quelle che, sentite al termine delle indagini, confermano il quadro probatorio già di per sé completo; ma non è certamente irrisorio, ancora oggi, il numero di quelle che, anche di fronte all’evidenza, negano i fatti, sebbene consapevoli delle conseguenze giudiziarie che seguiranno a loro carico”.
(AdnKronos)