I Los Angeles Lakers battono i Miami Heat in Gara-6 e si laureano campioni NBA per la 17ª volta. Per LeBron James è il quarto anello, il più sentito, quello promesso e dedicato a Kobe Bryant
All’appuntamento con la storia non si può fare ritardo e LeBron James è un uomo che arriva sempre puntuale. Dopo ‘l’incidente di percorso’ in Gara-5, il numero 23 ha ha tuonato: “chiudere la serie, ora”. Detto fatto. Nella notte italiana i Los Angeles Lakers si non laureati campioni NBA per la 17ª volta nella loro gloriosa storia (raggunti i Celtics per massimo numero di vittorie), battendo in Gara-6 i Miami Heat ai quali non è riuscito l’ennesimo miracolo. Impressionante il primo tempo dei gialloviola chiuso +28 (36-64), nel quale LeBron James e compagni hanno costruito il vantaggio da gestire nella ripresa fino al 93–106 finale. Tripla doppia per LeBron (28 punti, 14 rimbalzi e 10 assist), 19 punti per Rajon Rondo ed Anthony Davis (uniti a 15 rimbalzi), agli Heat non bastano i 25 punti e 10 rimbalzi di Bam Adebayo.
Il ‘Re’ ha portato a termine la missione che aveva in mente dallo scorso anno, quando un infortunio gli precluse i Playoff. I gialloviola hanno fatto all-in su Anthony Davis per vincere subito, per LeBron doveva essere la stagione della ‘vendetta’: è stata quella della memoria. Il desiderio di rivincita si è trasformato in voglia di omaggiare il ricordo di una leggenda, un avversario, un amico: Kobe Bryant, scomparso tragicamente in un incidente in elicottero lo scorso gennaio. Motivazione extra per superare ogni ostacolo, raccogliere la sua legacy è stato un atto dovuto, ‘Il Prescelto’ non poteva fallire. Non lo ha fatto. Ha dominato i Playoff a 36 anni, eclissando avversario dopo avversario. Si è visto sfuggire il titolo di MVP della regular season, ha vinto quello più prestigioso delle Finals. Non ci sono più parole per definirlo, i 4 anelli parlano per lui. Ma questo titolo non lo ha vinto da solo. Anthony Davis è stato il compagno perfetto, altrettanto dominante sui due lati del campo, imbarazzante a volte per superiorità, illuminante per talento. È anche l’anello di ‘Playoff Rondo’, decisivo ad intermittenza, non ortodosso ma fondamentale quando è servito; di Dwight Howard, J.R. Smith e Dion Waiters, ai quali i Lakers hanno dato una seconda chance e sono stati ripagati; di Caldwell-Pope, Danny Green, Markieff Morris e Kyle Kuzma, decisivi nel bene e nel male; di JaVale McGee (il terzo!) e Alex Caruso, passati da ‘mascotte’ a scudieri di fiducia di LeBron James che dopo questa notte si consacra, una volta di più, nell’Olimpo del basket.