Reggio Calabria, la consigliera di parità Paola Carbone: “donne e politica, il cambiamento non può più attendere”

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Reggio Calabria, la consigliera di parità Paola Carbone: “Nel consiglio metropolitano, se pur candidate 20 donne su 47 aspiranti, nessuna rappresentanza femminile eletta! È palese che qualcosa non funzioni e va analizzata questa eclatante anomalia che riflette e amplifica il dato nazionale”

“Non può sfuggire come la composizione di questo consesso sia totalmente maschile e questo, al netto delle politiche di genere, deve fare riflettere i partiti e, più in generale, la politica su quanto sia ancora lunga la strada che porta ad una coscienza e consapevolezza reale della importanza della partecipazione delle donne alla politica e della presenza delle stesse all’interno delle istituzioni” Prendo spunto da questa parte del discorso del Sindaco Giuseppe Falcomatà in occasione dell’insediamento del Consiglio Metropolitano per condividere alcune riflessioni sulla rappresentanza di genere nella politica. Le premesse sono necessarie per introdurre la riflessione: al Consiglio Comunale di Reggio Calabria sono state elette solo tre donne e oggi, sugli scranni, siedono 5 donne su 32 consiglieri. Nel consiglio metropolitano, se pur candidate 20 donne su 47 aspiranti, nessuna rappresentanza femminile eletta! È palese che qualcosa non funzioni e va analizzata questa eclatante anomalia che riflette e amplifica il dato nazionale”. E’ quanto scrive in una nota Paola Carbone, Consigliera di Parità Città Metropolitana di Reggio Calabria.

“In Italia – prosegue la nota– è davvero lontana l’agognata parità numerica e resta una chimera la parità sostanziale con riferimento alle posizioni apicali: nessun primo ministro donna, nessuna Presidente della Repubblica. Nelle commissioni parlamentari le presidenti sono un’eccezione, poche sono le donne ai vertici dei dicasteri chiave, pochissime le presidenti di Regioni o le Sindache. Mentre in America è stata proclamata la prima vice presidente donna, in Italia il PD, partito progressista, non ha indicato una sola donna nell’attuale governo Draghi. Appare davvero incredibile che, nonostante il lungo elenco di norme che da decenni auspicano e incoraggiano l’uguaglianza di genere, le donne, in politica e nelle istituzioni, siano ancora così poche. Questi dati impietosi mi suggeriscono con urgenza una domanda: fino a quando non avremo una presenza femminile oggettivamente in linea con il tanto agognato equilibrio di genere in politica è necessario imporre le “quote rosa”? Personalmente ho sempre aborrito l’idea di “quota rosa” perché lede la mia idea di democrazia il fatto che possa risultare eletta chi ha avuto meno consensi sol perché è di un genere meno rappresentato, quindi tento di percorrere strade diverse di ragionamento. Dal mio punto di vista si potrebbe provare a ribaltare la prospettiva: introdurre l’idea delle quote di genere come un limite massimo alla rappresentanza maschile, così che le donne in politica non siano viste come una minoranza da proteggere con quote minime ma come una componente fondamentale della politica. Ma questa nuova prospettiva è strumento o soluzione delle cause? Occorre a mio avviso fare un passo indietro. Bisogna ragionare sulle barriere culturali e strutturali che scoraggiano le donne dal competere nelle elezioni e condurre una campagna elettorale: ad esempio i deterrenti dettati dagli stereotipi di genere, la scarsità di figure cui ispirarsi che induce ad una bassa aspettativa di successo, oppure la distribuzione diseguale del lavoro domestico con la conseguente concreta mancanza di tempo da dedicare alla politica. Bisogna, come ha ben detto Falcomatà, che sia la politica ad evolversi, perché gli stessi partiti politici impongono alle donne ostacoli nel processo politico di selezione ed elezione. La persistenza di stereotipi di genere e la cultura interna dei partiti diventa ruolo chiave sulla mancata opportunità delle donne: i partiti determinano l’ordine delle liste elettorali, le rose dei candidati e le strutture di partito, continuando di fatto ad ostacolare una rappresentanza paritaria nell’attività politica”.

“Eppure è indiscutibile che le donne in politica siano più collaborative e bipartisan, caratteristiche che porterebbero ad una maggiore cooperazione nei processi decisionali, trasparenza ed efficacia. È evidente, quindi, che occorra, a tutti i livelli, un percorso culturale serio per l’abbattimento degli stereotipi di genere, che occorrano azioni concrete ed incisive per la conciliazione del tempo delle donne, che occorra coinvolgere le giovani generazioni: tutoraggio, corsi di formazione, campagne pubbliche e networking professionale che incoraggino un maggior numero di donne a candidarsi. E se pensiamo che, secondo recenti studi, nei contesti sociali in cui le disuguaglianze di genere sono più accentuate, i cittadini reputano più competente un candidato uomo piuttosto che una donna, forse troviamo la chiave di volta nel leggere i risultati elettorali a Reggio Calabria. Questo ci impone una grandissima responsabilità: fare insieme un passo indietro per fare un grande passo in avanti verso un’incredibile rivoluzione culturale! Sollecito quindi cittadine e cittadini, partiti politici ed amministratori ad un comune dibattito, anche perché le elezioni regionali sono alle porte ed il cambiamento non può più attendere“, conclude la nota.

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