Reggio Calabria, il Circolo Culturale “L’Agorà” organizza un incontro sul tema dei Guelfi e dei Ghibellini

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Reggio Calabria: nuovo incontro organizzato dal Circolo Culturale “L’Agorà” sulle controversie storiche tra filo papali e filo imperiali

Il Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria, presieduto da Gianni Aiello, organizza una conversazione sul tema “Guelfi e Ghibellini”. Storicamente si tratta di due movimenti in netta contrapposizione nella geografia della politica italiana del Basso Medioevo, in particolare dal XII secolo sino alla nascita delle Signorie nel XIV secolo, che tra faide e battaglie insanguinarono varie parti della Penisola. Nate in Germania tra i filopapali e filoimperiali, le due fazioni “sconfinarono” in Italia dove i contrasti si spostarono dal piano politico a quello degli interessi locali, opponendo città e famiglie rivali. Gli acronimi “guelfo” e “ghibellino” vennero in un primo momento utilizzati a seguito della geopolitica tra le variegate correnti fiorentine e toscane che sfociarono in violenti scontri nel ventennio compreso tra il 1250 e il 1270. Le origini dei nomi risalgono alla lotta per ottenere la corona imperiale dopo la morte dell’imperatore Enrico V, avvenuta nel 1125, fra le casate della Baviera e della Sassonia contrapposte a quella della Svevia. I Welfen, da cui la parola «Guelfo», vennero poi associati a chi sosteneva il Papa, mentre i Ghibellini, originariamente accostati al termine «Wibeling», erano i partigiani della causa imperiale. Nella prima metà del 12° secolo due fazioni si contesero il trono in Germania: i guelfi e i ghibellini. I ghibellini volevano rafforzare la monarchia contro l’invadenza del papa e contro il particolarismo feudale, i guelfi invece erano favorevoli a Roma. L’elezione di Federico I Barbarossa pacificò la scena tedesca, ma la contrapposizione tra guelfi e ghibellini si fece allora viva in Italia, assumendo caratteristiche del tutto nuove.

La contrapposizione tra filo- e anti-imperiali si intensificò però soprattutto nel tempo di Federico II di Svevia. Ma se lo scontro tra guelfi e ghibellini ‒ così presero ora a essere definite le parti in lotta ‒ si riaccese, esso andò a coprire una conflittualità locale. Infatti nell’uno o nell’altro fronte si identificarono, a volte alternativamente, fazioni, famiglie, città concorrenti non per adesione ideale alla parte imperiale o a quella papale, ma per contrasti politici, economici, sociali, religiosi del tutto particolari. La prima realtà in cui gli appellativi “guelfo” e “ghibellino” vennero adottati fu quella della Repubblica di Firenze. Durante il XIII secolo, la città toscana fu teatro di contrasti tra le famiglie fiorentine. A causa del progetto politico di Federico II in Italia, tali liti private si polarizzarono tanto da dividere la città nei due famosi schieramenti: i guelfi delle famiglie Buondelmonti, Donati e Pazzi; i ghibellini delle famiglie Amidei, Lamberti e Uberti. Le guerre tra guelfi e ghibellini non furono altro lo scontro tra diversi interessi di potere. La decisione di parteggiare per l’uno o l’altro schieramento poggiava su motivazioni prettamente più politiche, economiche, sociali e/o religiose anziché su quelle ideologiche. Non ci furono casi isolati di persone che passavano da una parte all’altra: un esempio del cambio di casacca sono gli esiliati Guelfi Bianchi che, per riprendersi Firenze, scelsero di allearsi con gli esiliati ghibellini fiorentini. Gli italiani non avevano però aspettato l’arrivo degli imperatori germanici per dividersi in fazioni contrapposte. E in genere l’adesione di una città o di una famiglia o gruppo di famiglie al “partito dell’Impero” o al “partito della Chiesa” non era dettata da alte motivazioni ideali, ma da interessi molto concreti o da rancori e rivalità regionali o locali. I comuni come Como o Pistoia o le grandi famiglie feudali come i conti Guidi in Toscana o i conti di Biandrate in Lombardia scelsero di schierarsi con l’imperatore in primo luogo perché temevano l’egemonia di città vicine più grandi e potenti, come Milano o Firenze, schierate sul fronte opposto. La scelta di posizionamento tra uno dei due schieramenti coinvolse quindi sempre più comuni e realtà politiche italiane.

Nel regno settentrionale, le signorie ghibelline dei Visconti a Milano e degli Scaligeri a Verona acquisirono sempre più territori. Al centro, l’avanzata ghibellina guidata da Pisa minacciò i guelfi di Firenze e dello Stato Pontificio; infine, al sud, a seguito della rivolta dei Vespri siciliani del 1282, il regno meridionale si spaccò in due, con i territori continentali che passarono ai guelfi angioini, alleati storici papali, e la Sicilia invece ai ghibellini aragonesi. I guelfi fiorentini e i ghibellini senesi si scontrarono il 4 settembre 1260 a Montaperti. Questa battaglia non fu altro che l’espressione cruenta della rivalità secolare che intercorreva tra le Repubbliche di Firenze e di Siena. Nonostante l’appoggio della Lega Lombarda e di altri alleati umbri e toscani, lo schieramento guelfo uscì sconfitto dalla battaglia contro la fazione ghibellina, soprattutto a causa del sostegno del re Manfredi di Sicilia (1232-1266) e degli esiliati ghibellini fiorentini capitanati da Farinata degli Uberti (1212-1264) e dal tradimento di Bocca degli Abati (XIII secolo – 1300). I guelfi abbandonarono Firenze e questa fu sottoposta all’autorità imperiale con il Congresso di Empoli. Anche in questo conflitto dell’11 giugno 1289 tra guelfi e ghibellini vi fu una contesa di supremazia territoriale tra le Repubbliche di Firenze e di Arezzo. Le truppe aretine guidate dal vescovo Guglielmo degli Ubertini (1219 ca – 1289) e dai nobili Guglielmo dei Pazzi del Valdarno (1230-1289) e Bonconte da Montelfeltro (1250-1289), persero contro i guelfi capeggiati dal condottiero francese Guillaume de Durfort (metà XII secolo – 1289) e da Vieri de’ Cerchi (metà XIII secolo – inizi XIV secolo), Ugolino de’ Rossi (1300 ca – 1377) e Corso Donati (1259 ca – 1308), il quale quest’ultimo fu decisivo per la vittoria. A fronteggiarsi nella battaglia di Montecatini del 29 agosto 1315 furono i ghibellini delle Repubbliche di Pisa e di Lucca, guidati dal condottiero Uguccione della Faggiola (1250 ca – 1319), e i guelfi delle Repubbliche di Firenze e di Siena e il Regno di Napoli, capitanati da Filippo I d’Angiò (1278-1332). Malgrado lo schieramento guelfo contasse su una superiorità sia militare che economica, contro ogni previsione l’esercito ghibellino vinse in maniera netta, soprattutto grazie al supporto dei cavalieri mercenari tedeschi. Questo scontro inflisse a Firenze un durissimo colpo: sia per le numerose vittime cadute nel conflitto che per il pagamento cospicuo dei riscatti per i prigionieri del la battaglia. Il 23 settembre 1325 si affrontarono, nella battaglia di Altopascio, la fazione ghibellina dei lucchesi di Castruccio Castracani degli Antelminelli (1281-1328) e dei milanesi di Azzone Visconti (1302-1339) e, dall’altra, lo schieramento guelfo dei fiorentini e dei senesi capitanati dal capitano della guardia pontificia Ramon de Cardona (XIV sec.). L’esercito guelfo subì una clamorosa sconfitta, a causa soprattutto della disorganizzazione militare delle truppe guelfe. L’alleanza ghibellina continuò la sua avanzata in Toscana fino ad arrivare alle mura di Firenze, ma desistendo dal provare a conquistarla. Alla conversazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” parteciperà la ricercatrice lucchese Elena Pierotti, presente in diversi incontri organizzati dal sodalizio culturale reggino. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data dal 22 aprile.

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