“All’Università della Calabria parte Medicina. Il Rettore sottolinea che si tratta di “una svolta storica a beneficio della sanità territoriale”. A Catanzaro, ma c’era da aspettarselo, non sono affatto d’accordo: una volta strappato l’ok, come al solito ai danni di Reggio, e appropriatasi di un nome che non le spettava (con la Magna Graecia la cittadina di Catanzaro non ha nulla a che vedere) ora teme di perdere, cosa che avverrà, circa la metà dei suoi iscritti. Eppure, una ventina di anni fa, Reggio è stata sul punto di ristabilire diritti e primogeniture con la creazione di un suo polo autonomo di scienze mediche alla sua Università Mediterranea. Posso testimoniare nei dettagli quanto accaduto avendo seguito nei minimi particolari tutto l’iter”. Così comincia la nota di Fondazione Mediterranea sull’arrivo della Facoltà di Medicina all’UniCal e sulla possibilità che Reggio 20 anni fa ne istituisse una.
Il Presidente Vincenzo Vitale ripercorre tutti i passaggi di allora. “Tutto nasce nei primi anni 2000 a seguito di un mio privilegiato rapporto con un professore di ingegneria del Politecnico di Milano, Franco Maria Montevecchi, ivi docente di ingegneria biomedica. La disciplina era allora agli albori in Italia e si caratterizzava da un percorso scientifico a cavallo tra le scienze mediche e quelle ingegneristiche. In altri termini eravamo in Italia all’abbrivio della ricerca in nuove branche del sapere. Una sera a cena a Milano, sulla base dei miei rapporti di stima e amicizia con l’allora Rettore della Mediterranea prof. Alessandro Bianchi e con l’allora Preside della Facoltà di Ingegneria prof. Carlo Morabito, nasce l’idea di proporre alla Mediterranea l’istituzione di un corso di laurea in Ingegneria biomedica. Detto fatto. Di lì a poco sul tema si organizza un incontro a Reggio: il Rettore fu entusiasta dell’iniziativa e il Preside anche; il Direttore amministrativo Giovanni Cantio non ebbe nulla da eccepire. La sponda medica venne assicurata dai miei rapporti con i vertici ospedalieri: l’allora Direttore Generale dott. Michelangelo Lupoi fu d’accordo e, con l’assenso del Direttore Sanitario Gianani, venne incaricato di seguire l’inedito iter di collaborazione il dott. Francesco Meduri, primario di Patologia Clinica e Direttore del Dipartimento Servizi”.
“Dopo un anno di preparazione – prosegue il racconto – parte così un master di secondo livello in ingegneria biomedica, con docenti medici ospedalieri e professori della Mediterranea e del Politecnico di Milano. La partnership reggino-meneghina era chiaramente propedeutica all’istituzione di un corso di laurea in ingegneria biomedica e clinica oltre che funzionale alla creazione di corsi di laurea in scienze mediche e infermieristiche, un cui abbozzo era già esistente in ospedale. Andava tutto avanti in maniera spedita e, illustrato il progetto all’allora presidente del Consiglio Regionale dott. Luigi Fedele, ottenni un finanziamento di euro 50.000 rinnovabile annualmente per l’istituzione dei corsi. Il finanziamento venne erogato e incassato dalla Facoltà di Ingegneria. Tutte le caselle erano apposto: partnership tra Mediterranea e Politecnico con gli Ospedali Riuniti; riconoscimento e finanziamento regionale; abboccamenti con Confindustria e Camera di Commercio, allora diretta dal dott. Lucio Dattola, con ampia apertura di credito. Poi mi chiamò il preside Morabito: ‘ci sono problemi e, dopo l’esperienza pur molto positiva del master, non è possibile andare oltre’. Stop e fine della storia. Era successo che la doppia opposizione di Napoli, che ambiva ad avere la primogenitura dei corsi di ingegneria biomedica nel meridione italiano, e di Catanzaro, che dopo qualche anno sfruttò e bruciò l’idea inventandosi un fallimentare corso triennale in bioingegneria informatica, non opportunamente contrastata dai vertici della Facoltà, avevano fatto abortire tutto”.
“E i finanziamenti? ‘Non ti dispiace se li dirottiamo all’implementazione del laboratorio?’, mi chiese Morabito. ‘E che ti devo dire’ risposi ‘fate voi’. Non mi occupai più di queste faccende, non avendo peraltro nessun interesse diretto se non quello della soddisfazione di aver prodotto qualcosa di utile e duraturo per la città e i suoi abitanti. Morì così, per le solite meschine lobby interne al sistema universitario, un’idea che, casualmente nata in un dopocena meneghino, in un poco più di un anno, sfruttando solo e semplicemente le proprie idee e il proprio patrimonio in amicizia e stima, stava portando a grandi risultati: dopo la felice realizzazione del master di secondo livello, la realizzazione alla Mediterranea di corsi di laurea in ingegneria clinica e biomedica oltre che a quelli in scienze mediche e infermieristiche. Tutto realizzato successivamente dall’asse CS-CZ che oggi fa finta di polemizzare per poi ricucirsi a testuggine”, conclude Vitale.