La musica di Paolo Angeli incanta il pubblico del Castello Ruffo di Scilla

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Dopo il concerto dello Scilla Jazz Festival, Paolo Angeli parla con noi in una coinvolgente intervista in esclusiva

Il chitarrista e compositore Paolo Angeli ha portato la sua musica al Castello Ruffo di Scilla per la prima delle serate jazz della V edizione dello “Scilla Jazz Festival” incantando un pubblico rapito dalle straordinarie sonorità proposte dal suo strumento: una chitarra sarda dotata di 18 corde, uno strumento orchestra arricchito di martelletti come nel pianoforte, eliche per la realizzazione di bordoni e melodie assimilabili alla ghironda, suonata in pizzicato, con l’archetto e in funzione rumorista e percussiva.

A introdurre la serata sono state le parole dell’Assessore alla cultura Maria Gattuso che si è detta entusiasta del pubblico presente richiamato da un evento oramai storicizzato per la città di Scilla qual è lo Scilla Jazz Festival. Manifestazione, questa, su cui l’amministrazione comunale intende convergere sempre maggiore attenzione al fine di accogliere artisti con un sempre più ampio respiro internazionale.

Il Direttore Artistico Francesco Barillà ha presentato l’artista Paolo Angeli, con cui si sono aperte le serate al Castello Ruffo, quest’anno, come nelle precedenti edizioni, nella notte di San Lorenzo. Data che aggiunge ancor più magia a un luogo che lascia folgorati per le sue ricchezze culturali e le sue meraviglie paesaggistiche. La musica ha completato il quadro artistico di questo “castello delle meraviglie”, come Barillà definisce la fortezza sulla rupe quand’essa vibra di nuove note.

Le note sono quelle di Paolo Angeli, che racconta come questa sia la data più a sud in cui abbia suonato, un mare diverso da quello dei bassi fondali della sua Sardegna, ma che allo stesso modo scandisce il tempo e i limiti della natura imponendo il suo ritmo ai navigatori. Proprio all’esaltazione dello spirito dei naviganti è dedicata la prima parte del concerto.

Una lunga suite incanta gli astanti che, come ipnotizzati, seguono le dita di Angeli veleggiare sicure tra lo stretto intreccio di corde su cui si muovono con gesti e strumenti sempre nuovi e inattesi. Si susseguono “Optimistic” dei Radiohead, “Vlora” invece racconta di quando con l’arrivo della nave omonima nel porto di Bari gli Italiani si confrontarono per la prima volta con l’immigrazione e “Blu di Prussia”.

Il viaggio evocativo di Angeli è poi proseguito tra memorie antiche e sonorità ispirate a luoghi diversi tra loro come la Sardegna, la Spagna e la pampa argentina che si incontrano, si abbracciano e si allontanano tra le corde del suo strumento.
Con il suo “Stabat mater” l’artista ha proposto un contenuto spirituale che va al di là della religione, un canto universale che narra della separazione di una madre dal proprio figlio. La voce completa la performance in brani come “La corsicana”, la cui tradizione affonda nell’immigrazione dei Corsi in Gallura nel ‘700.

L’avventura musicale è proseguita ripercorrendo i 25 anni della sua carriera, dal primo brano composto agli ultimi che rappresentano la parte più attuale della sua poetica.
Il pubblico rapito dalle armonie di Angeli applaude a lungo il chitarrista che ha saputo entusiasmare ognuna delle generazioni presenti al castello con emozione autentica e intensa.

Dopo il concerto chiediamo a Paolo Angeli:

Hai detto che è la prima volta che suoni così a Sud, quindi com’è stato suonare qui?

È una sfida molto bella perché sicuramente è più difficile suonare in posti in cui certe musiche non sono ancora così familiari, ho spesso suonato in molti luoghi all’estero ma in contesti protetti, in festival già orientati verso questi stili di musica. Ma qui è molto stimolante perché si suona per un pubblico più trasversale ed è una sfida più appassionante perché devi conquistare il pubblico.

Questa visita nelle nostre terre potrebbe essere oggetto di ispirazione per i tuoi futuri viaggi musicali?

Un aspetto che cerco di curare è il mio approccio a un luogo nuovo: cerco di visitarlo, di carpirne i segreti, la storia. Io amo il mare e questo luogo mi affascina per la profonda cultura marinara e per questo mare profondo 2000 metri così diverso dai bassi fondali della mia Sardegna. Tuttavia, ancora non ho avuto modo di esplorare, ma già immagino che Scilla e queste coste possano certamente essere fonte di ispirazione.

Da dove è nata l’esigenza di costruire questo complesso strumento che utilizzi per la tua musica?

Questo strumento ha ormai 25 anni ed è nato per una casualità. Io in quel periodo vivevo a Bologna e suonavo in un’orchestra di 14 musicisti con cui lavoravamo alle colonne sonore per i film muti e quindi ero abituato a sentire moltissimi suoni e strumenti. Quando il gruppo si è sciolto ed ho ripreso a suonare la chitarra in solitaria, mi sembrava che mancassero tutti quei suon

i e quei colori che avevo percepito in quegli anni, così ho iniziato a modificare il mio strumento per riavvicinarmi alla sonorità orchestrale che avevo ancora nelle orecchie.
In modo lento e sempre in una modalità di work in progress è nata la chitarra così come la vedete oggi e se mi chiedono cos’è per me la mia chitarra, dico che è la mia anima gemella, con la quale continuo a immaginare suoni, sviluppare percorsi e ricerche.

Se dovessi spiegare a chi non conosce la tua musica che genere fai, quale sarebbe la risposta?

Io penso che la mia musica sia contemporanea con radici. Io mi sento profondamente legato alla musica della mia terra, e ho avuto il privilegio di essere allievo dell’ultimo grande chitarrista tradizionale sardo del Novecento e posso suonare in modo fedele proprio a questa tradizione. Come per un albero le mie radici più solide appartengono a questo mondo e allo stesso modo di come accade per un albero poi la chioma può crescere in qualunque direzione possibile.
Io poi sono una persona estremamente curiosa, che ama incontrare gli esseri umani, arricchirsi con le altre culture di tutti i popoli del mondo e concepisco questa professione come un’opportunità di confronto con l’altro, perciò la musica che faccio è una sorta di ponte invisibile tra ciò che mi colpisce e mi fa innamorare di tutte le musiche del mondo, attraverso un approccio molto libero.

Dove e quale sarà il tuo prossimo viaggio artistico?

Ho due sogni, dal punto di vista discografico: realizzare un album dedicato alla musica sarda in cui siano presenti tantissimi musicisti, in qualche modo un ritorno alle origini dopo aver viaggiato in tutto il mondo e quindi con la consapevolezza di portare con me questo bagaglio coinvolgendo più musicisti possibili, di quelli incontrati nel cammino, in questo affresco collettivo.
Allo stesso tempo ho lavorato al dramma “Bodas de sangre” di Federico Garcia Lorca con delle musiche fortemente ispirate al flamenco e l’idea è di completare quel lavoro in cui sarà preponderante la componente iberica.
Ma come accade a un archeologo, non basta una vita per scoprire cosa è accaduto prima di te, allo stesso modo le musiche sono così infinite che devo vivere almeno fino a 100 anni per poter continuare a scavare.

Il prossimo appuntamento con lo Scilla Jazz Festival sarà in Piazza San Rocco con la Rhegium Jazz Orchestra che si esibirà il 12 agosto alle 22,30. Una big band che costituisce una delle più interessanti novità del panorama musicale del territorio e proporrà un repertorio di elevata potenzialità espressiva, che abbraccia un periodo ampio della storia del jazz, che va da Count Basie a Jaco Pastorius, da Duke Ellington a Miles Davis.

Paolo Angeli con la sua chitarra orchestra [VIDEO]

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