Messina: migrazioni forzate e protezione, riflessioni sul diritto d’asilo | INTERVISTE

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Ciclicamente il problema “migrazioni” ritorna di attualità perché, inevitabilmente, segue l’andamento politico degli Stati e le ideologie ad esso collegate. Il fenomeno migrazione è legato a tanti fattori, soprattutto, al bisogno di chi lascia il proprio paese per motivi politici, per conflitti, per vivere condizioni più umane. Con l’informazione che, in tempo reale, ti fa vedere fatti e situazioni che si svolgono in un altro emisfero spesso, le notizie vengono distorte o costruite ad arte. Non sempre si mettono in evidenza i reali problemi che spingono migliaia e migliaia di persone a “scappare” dal proprio territorio, in cerca di un futuro migliore. Le grandi disuguaglianze economiche, le persecuzioni, l’inesistenza del rispetto dei diritti umani, le catastrofi naturali, i cambiamenti climatici, rappresentano alcune delle motivazioni che portano a migrare.  Più volte Papa Francesco ha parlato di disuguaglianze socio economiche e politiche; milioni di persone che, in diverse zone della terra, ogni giorno debbono fare i conti con una povertà fisica ed ideologica. Assicurare un futuro ai propri figli, li porta ad affrontare sofferenze inaudite soprattutto, quando arrivano nelle carceri della Libia, o quando vengono respinti alle frontiere subendo mortificazioni ed abusi. Ad aggravare il fenomeno migrazioni, le tante guerre che ancora si combattono in tutto il mondo specialmente, in Siria ed in Ucraina. Proprio per riflettere sul diritto all’asilo, l’Ufficio Migrantes ha tenuto un incontro che ha visto la partecipazione del Diacono Santino Tornesi, Direttore dell’Ufficio diocesano e regionale per le migrazioni e Mariacristina Molfetta antropologa culturale e Ricercatrice della Fondazione Mingrantes.

Santino Tornesi ha parlato dei tre volti della migrazione: “il primo è quello dell’Italia, Stato che negli anni ha visto 29 milioni di connazionali emigrare cercando un una nuova patria; la povertà e la mancanza di lavoro le motivazioni principali”. Di questi, 18 milioni non hanno fatto più ritorno in Italia. Tra gli iscritti nel registro dei migranti, 800 mila sono siciliani. Tornesi menziona il comune di Basicò “che su 100 persone ne ha 205 sparsi nel mondo; dato che fa molto riflettere”. “Il secondo volto della migrazione- prosegue Tornesi- è quello che racconta il rapporto dell’ufficio Migrantes cioè, 5 milioni di migranti regolari residenti in Italia. Tra il 2021 e il 2023, i migranti che sono entrati in Italia sono stati meno di 148 mila. Il calo demografico che ha portato a perdere oltre un milione di abitanti in Italia, cinquantamila a Messina, avrebbe conseguente disastrose senza la presenza dei migranti”. “L’Italia– afferma il Diacono Tornesi- ha bisogno dei migranti i quali, producono un valore di 143 miliardi che rappresenta il 9% del prodotto interno lordo”. “Il terzo volto della migrazione- dichiara Tornesi- è rappresentato da 300 milioni di persone fuori dal loro paese di questi, 100 milioni perché costretti a scappare sia per disastri ambientali che per guerra”. Tornesi pone alla riflessione di tutti un dato che riguarda la Nigeria: “perché i nigeriani migrano per venire in Italia?”. La risposta si basa sul fatto che “l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) in maniera scellerata, ha depredato tutto quello che c’era nel denta del Niger riducendo alla miseria tutti gli abitanti”.

Interviene Mariacristina Molfetta, curatrice del rapporto della Fondazione Migrantes sulle migrazioni forzate e sulla protezione. Le riflessioni che condivide, disegnano un paese Italia non per niente accogliente, per certi aspetti razzista e un po’ bugiardo nel presentare i dati relativi all’immigrazione. L’antropologa dichiara che “l’Italia ha accolto circa 6 mila migranti dai Balcani. Dal 2001, anno in cui ha aperto il sistema dell’accoglienza, avrebbe dovuto accogliere circa 25 mila migranti invece, ha creato solo 12 mila e cinquecento posti. Gli altri rimanenti, 12 mila e cinquecento resteranno fuori”. Tutto questo, afferma la Molfetta, “mette in evidenza una incapacità di programmazione”. Porta l’esempio dell’Afghanistan: “l’Italia ha lasciato il paese posto a sud-ovest dell’Asia nel mese di giugno 2021 mentre gli americani nel mese di agosto sempre dello stesso anno. In considerazione del fatto che, dopo vent’anni di presenza, circa 10 mila afghani hanno collaborato con le truppe italiane, per non consegnarli nelle mani dei talebani che l’avrebbero certamente ammazzati, dovevano necessariamente essere espatriati”. Il problema dice l’antropologa Molfetta, è che “l’Italia ha previsto un ponte aereo solo per 5 mila afghani l’altra metà, li ha lasciati li. Ma, dei 5 mila previsti, solo 2 mila sono effettivamente stati registrati, gli altri 3 mila non si sa che fine abbiano fatto”. Con la guerra in Ucraina l’Italia, “quei 3 mila posti destinati agli afghani, li ha utilizzati per accogliere gli ucraini dimostrando, prosegue la Molfetta, una programmazione inesistente”. Altro dato che la ricercatrice della Fondazione Migrantes pone all’attenzione, “riguarda i 100 milioni di persone in fuga di questi, solo 100 mila sono stati accolti in Italia certamente un dato molto più basso rispetto a quello di tanti altri stati europei; questo dato, dice l’antropologa, non dovrebbe creare o generare paura in una popolazione di oltre 56 milioni di abitanti”. “Di quei 100 mila migranti– dice Molfetta- solo il 10% sono arrivati con le navi delle ONG mentre il 90% o con navi proprie o via terra”. Infatti, la migrazione via terra è quella più frequente basta guardare agli oltre 170 mila ucraini entrati in Italia. Proprio gli ucraini, afferma la Molfetta, “hanno avuto modo di scegliere dove andare e, utilizzando i loro titoli di studio, hanno avuto la possibilità di essere inseriti nel mondo del lavoro cosa che non avviene per gli immigrati africani il cui titolo di studio, non è riconosciuto in Italia”.

Concludendo, l’antropologa Molfetta parla “di accoglienza di serie A che riguarda gli ucraini i quali, una volta arrivati in Italia dopo due o tre mesi al massimo, ottengono l’asilo. Quella di serie C invece, riguarda gli africani i quali, quando presentano domanda di asilo, quasi sempre si vedono rispondere che non c’è posto per l’accoglienza e quindi li rispediscono per strada”. Questo, afferma la Molfetta, “stride con la Convenzione di Ginevra che prevede la creazione di posti di accoglienza anche se non ci sono, cosa che l’Italia non ha mai fatto. Anzi, qualcosa l’Italia l’ha fatto, dichiara la Molfetta, nel 2017 ha sottoscritto un accordo con la Libia per far tornare indietro i migranti e sistemarli in centri idonei. Il problema è un altro, la Libia porta i migranti nei campi di prigioni, anzi nei lager sottoponendoli a vessazioni di ogni tipo”. Allora, qual è la differenza tra migranti di serie A e migranti di serie C? La Molfetta risponde affermando: “il colore della pelle, gli ucraini sono bianchi e quasi tutti cattolici, gli africani hanno la pelle di colore scuro e molti di loro sono musulmani”. Questa dichiarazione fa molto riflettere anche perché stride con quanto va ripetendo Papa Francesco, parlando di immigrati ed ammonendo sul fatto che vanno accolti, custoditi, salvati dalle insidie dei mari, in modo particolare dal Mediterraneo, che definisce “un cimitero liquido”. La paura verso gli altri è una sconfitta soprattutto per i cattolici o meglio per quei pseudo cristiani che acquietano la loro coscienza, offrendo un euro a chi allunga la mano in segno di aiuto. Quei cristiani “sepolcri imbiancati” che uscendo dalla Chiesa, girano lo sguarda da un’altra parte per non avere problemi e vivere serenamente pensando a loro stessi e non mettendo in partica l’insegnamento di Cristo: “Ama il prossimo tuo, come te stesso”.

Messina: migrazioni forzate e protezione, le parole di Mariacristina Molfetta | VIDEO

Messina: riflessioni sul diritto d’asilo, le parole di Santino Tornesi | VIDEO

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