Napoli: la lunga strada verso l’Europa

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 “A loro dico di stare sereni,daremo il massimo per vincere. Notti come queste mi piacciono, le senti più del dovuto perché le motivazioni si trovano da sole.” Sono parole che sembrano dette prima di una dura battaglia, da un generale che sa di poter contare su un’armata forte e preparata, invece, sono le parole che raccontano le sensazioni del Pocho Lavezzi ,a poche ore dalla gara contro il Villarreal. Lavezzi non è il capitano, ma è il simbolo di questo  Napoli e della sua scalata vertiginosa che in pochi anni dalla C1 ha portato la squadra partenopea alla competizione che di più conta: la Champions League. Quando si riferisce a loro, parla di un popolo ,quello napoletano, che dopo ventuno anni di attesa torna ad assaporare serate indimenticabili al San Paolo, tutto esaurito per l’occasione. Infatti l’entusiasmo che si respira in città è contagioso, sono stati venduti 50.000 biglietti per l’evento, perché è sufficiente che venga onorata l’amata maglia azzurra che problemi gravi come la camorra, i rifiuti, la disoccupazione, per 90 minuti vengano messi da parte e dimenticati, per lasciare spazio alla festa sugli spalti. Perché il calcio a Napoli è vita. Per la prima volta nella storia , la celebre musichetta della Champions verrà ascoltata a Fuorigrotta ed è questo quello che conta,però, dietro le bellissime emozioni che stasera proveranno giocatori,dirigenti e tutti i tifosi partenopei, c’è un percorso senza il quale oggi parleremmo di qualcos’altro. E’ giusto concentrare l’attenzione sui protagonisti di stasera, ma è anche doveroso capire il tracciato di come si arriva a vivere partite come questa. E per farlo bisogna partire da lontano,quando De Laurentiis comprò la società dopo il fallimento nel 2004. Infatti,se stasera il Napoli rappresenta l’Italia nell’Europa che conta, è un po’ merito suo e delle sue scelte:prima fra tutte, assegnare il ruolo di dirigente tecnico a Pierpaolo Marino,attualmente all’Atalanta, che partendo da una situazione surreale: senza campi di allenamento, palloni e divise e soprattutto senza calciatori, riuscì a costruire una compagine che negli anni si è dimostrata vincente. Grazie alla sua lungimiranza ha strappato a pochi milioni di euro Marek Hamsik,quando ancora era una promessa del Brescia e aveva zero minuti di esperienza in serie A e ha intravisto nel giovane Lavezzi le potenzialità di un campione, che oggi fa impazzire i grandi club. Un’altra scelta azzeccata: l’incarico di allenatore all’esperto Edy Reja, che in serie B condusse la squadra al secondo posto, ovvero promozione diretta nella massima categoria. Dopo due annate di assestamento e piazzamenti discreti che valevano l’intertoto, l’imprenditore cinematografico capì che per crescere bisognava cambiare ancora. La parentesi Donadoni durò poco,cosi arrivò il momento di Mazzarri,e con lui i risultati migliori,fino ad allora soltanto sognati dai napoletani e immaginati dal presidente De Laurentiis. L’europa league prima, il terzo posto poi,quindi la Champions, e l’ebbrezza di stare lassù tra le grandi a giocarsi il tricolore. Adesso che i sogni sono diventati realtà e i grandi club d’ Europa hanno dato il benvenuto alla squadra campana, guardarsi indietro e scoprire che la strada percorsa, seppur lunga e dispendiosa, era quella giusta, deve essere una bella soddisfazione per chi ci ha creduto dall’inizio e ora può diventare un ulteriore stimolo a migliorarsi ancora,sempre. La storia del Napoli può servire da esempio per tutte quelle squadre che spendono milioni su milioni senza una logica, alla ricerca di soluzioni facili e di scorciatoie, ignorando il vero significato della parola più gettonata nel mondo del calcio di oggi, progetto.Perché un progetto ,è vero, deve essere buono, ma prima di tutto deve essere realizzato, altrimenti non vale niente.

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