Dolce come il cioccolato

StrettoWeb

Ieri sera al cinema un’amica di vecchia data mi ha salutato con “Mimmo, quando la rifai una cena messicana?”.

Voglio raccontarvela  perche’ trovo sia  assolutamente in linea con lo spirito e la filosofia di questa rubrica.  Avevo da poco letto il romanzo della EsquivelDolce come il cioccolato“. una favola intrigante, una storia attraversata da magia, emozione, sentimento e cucina, quella della tradizione sudamericana, dolce e amara allo stesso  tempo. Tita nasce in mezzo al cibo, “spinta da lacrime che scorrono come un torrente in piena“;  vive la cucina e la cucina vive in lei. La storia d’amore e’ vissuta attraverso la preparazione di ricette  messicane che rapppresentano uno strumento, una promessa, un qualcosa di altamente erotico. Tita, a causa di una assurda tradizione di famiglia che la vuole non sposata, dovra’ aspettare tutta una vita per coronare il suo sogno, E allora, attraverso le sue mani, prendono forma tutte quelle ricette che hanno il solo scopo di sostituire con il cibo  quell’amore che lei non potra’ mai avere con il corpo. Il cibo diventa cosi’ il veicolo di cui Tita si serve per “comunicare i sentimenti che si trasmettono inevitabilmente a chi si avvicina alle sue pietanze ricettacolo di amore, odio, tradizione e dolore”.

La lettura mi coinvolse talmente tanto che mi sentii  “ispirato” ed organizzai una cena per una trentina di amici, raccontando le ricette, suggerite nel libro, a modo mio, spesso sostituendo gli ingredienti ma sempre rispettoso della tradizione messicana. Fagioli neri col riso, peperoni, cipolle, maiale in agro dolce, gamberi fritti con la paprika, guacamole ( una salsa abase di avocado), straccetti di manzo , aglio e tanto peperoncino. Feci anche i tacos e le tortillas con farina di mais e pepenero a volonta’. Naturalmente si beveva solo Corona col sale e Margarita a fiumi.

Senza falsa modestia fu un vero trionfo  tanto che ancora oggi, dopo piu’ di vent’anni, capita che qualcuno mi dica “ho saputo di una…….”.

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