“Faccio parte di un paese in cui i giudici improntano il loro delicato ruolo istituzionale a criteri di sobrietà, serietà e riservatezza e celebrano i valori di Falcone e Borsellino non solo una volta l’anno con parole vuote ma ogni giorno con il loro lavoro. In cui le sentenze sono rese nel nome del popolo italiano e la legge è uguale per tutti, siano essi poveri cristi o governatori. In cui le pene definitive vanno scontate per intero e con uguali modalità”.
Esprime rispetto per l’ex governatore Cuffaro che, subito dopo la sentenza definitiva a 7 anni, si presentò spontanemante in carcere a Roma: “Un paese in cui le pene definitive vanno scontate per intero e con uguali modalità – scrive Alcamo – E in un paese in cui, devo ammetterlo, un ex potente governatore regionale, Salvatore Cuffaro, si costituisce in carcere per scontare la sua pena dimostrando dignità e rispetto per le istituzioni“. “Eppure – prosegue – oggi mi consento uno sconfinamento nell’altra, e ben più popolata, Italia e me ne scuso anticipatamente. Quella dove, purtroppo, accade tutto il contrario dove un imputato, Michele Aiello, condannato con sentenza in giudicato alla pena di 15 anni e sei mesi di reclusione per mafia è stato autorizzato dal Tribunale di sorveglianza de L’Aquila a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare: per intollerenza alimentare alle fave e ai piselli. Quell’Italia in cui, alla faccia dei detenuti comuni affetti da favismo e ben più serie malattie che scontano anni di carcere, esistono disparità così evidenti da meritare la definizione di ingiustizie. Quell’Italia in cui nessuno si indigna più ed in cui si può arrivare a simili offese dell’intelligenza comune e dei diritti degli altri cittadini privi di mezzi“.