Cuffaro, il procuratore generale Patronaggio ricorre in cassazione contro il proscioglimento dell’ex governatore

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Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana, sta scontando una condanna definitiva a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. Lo scorso 20 giugno era stato prosciolto dalla Corte d’appello di Palermo, dopo l’assoluzione di primo grado, per “ne bis in idem“, dal Gup Vittorio Anania. Ma secondo il Procuratore generale di Palermo, Luigi Patronaggio, Cuffaronon e’ stato portato a giudizio una seconda volta per gli stessi episodi per favoreggiamento o fughe di notizie, bensi’ per la creazione cosciente e volontaria di un patto di scambio politico-mafioso con Cosa nostra“. Per questo motivo il pg ha presentato ricorso alla Cassazione contro il proscioglimento dell’ex Governatore Cuffaro.
La lettura dei diversi e contrapposti capi di imputazione parla chiaro – scrive Patronaggio nelle motivazioni – nel presente processo solo due episodi sono identici a quelli contestati nel cosiddetto processo alle ‘talpe’. Tutti gli altri episodi, ben sette, non erano mai stati formalmente contestati a Cuffaro se non incidentalmente per provare la sussitenza dell’aggravante di cui all’articolo sette“. Il magistrato, nel provvedimento presentato alla Cassazione ribadisce che tra i due processi, quello per le cosiddette ‘talpe’ e quello per concorso esterno in associazione mafiosa,c’e’ “un diverso contesto temporale dei fatti ascritti a Cuffaro“. “Nel processo ‘talpe’ la vicenda nasce e si esaurisce fra l’aprile del 2002 e l’ottobre del 2003. Nel presente processo – scrive il pg Luigi Patronaggio – la vicenda si dipana a partire dagli anni 1989/1991 e finsice nel novembre del 2003 conl’arresto dei correi di Cuffaro“. E ancora: “se queste sono le diversita’ strutturali fra due processi nonsi puo’ parlare di duplicazione di processi per il medesimo fatto laddove l’unica parziale duplicazione e’ data dall’utilizzo di alcune medesime fonti di prove, utilizzate nel processo ‘talpe’ unicamente per provare l’esistenza dell’aggravante dell’articolo 7“. “Non una parola la sentenza d’appello ha spesp per confutare quanto affernato da questo pg – rimprovera il magistrato ai giudici d’appello – in sede di requisitoria in ordine alla rilettura in chiave di scambio politico-mafioso delle due vicende di favoreggiamento per cui Cuffaro e’ stato gia’ condannato“. “Nessuna motivazione e’ rinvenibile nella sentenza impugnata in ordine alle dichirazioni rese dal collaboratore Francesco Campanella che oltre ad accusare Cuffaro di un’ulteriore episodio di favoreggiamento personale ha evidenziato gli stretti legami esistenti tra l’imputato e la famiglia mafiosa di Villabate dei Mandala’ – dice ancora il pg PatronaggioQueste dichiarazioni avrebbero acquisito ancora maggiore forza dimostrativa se fosse stato ammessi l’esame del collaboratore Stefano lo verso“.
Inoltre, il magistrato nel provvedimento presentato alla Cassazione ribadisce che nella sentenza d’appello “si censura come nessuna motivazione sia stata spesa in ordine all’esistenza di una triangolazione politico-mafiosa tra Salvatore Cuffaro, Giuseppe Guattadauro e Domenico Miceli, triangolazione affermata dalla stessa Cassazione nella sentenza ‘talpe’ e nella sentenza di condanna del coimputato Miceli (ex assessore comunale di Palermo condannato per mafia ndr)“.Infine, il pg Patronaggio evidenzia nel ricorso “che non puo’ non rilevarsi come non valga a colmare il sostanziale difetto di motivazione della sentenza impugnata la diffusa giruisprudenza acriticamente e non pertinentemente riportata dalla Corte in ordine al divieto di ne bis in idem in fase cautelare“. Infine, Patronaggio denuncia “l’omessa motivazione circa il fatto che l’imputato abbia coscientemente e volontariamente posto la sua attivita’ di uomo politico e delle istituzioni al servizio di Cosa nostra e in particolare al servizio della famiglia mafiosa di Brancaccio di Guttadauro, della famiglia Mandala’ di Villabate, abbia favorito gli interessi economico-mafiosi di Aiello e di Provenzano nonche’ direttamente aiutato quest’ultimo e Matteo Messina Denaro a sottrarsi alle ricerche“.

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