E sono 99. 11 gennaio 1914, un gruppo di impiegati pubblici costituisce l’Unione Sportiva Reggio Calabria. 11 gennaio 2013, ad un passo dal glorioso traguardo dei 100 anni, buon compleanno Reggina!!!
Il compleanno è sempre un giorno di festa, ma anche un momento utile per riflettere sul proprio passato, sul proprio presente, sul proprio futuro. Un passato magnifico, un presente nebuloso, un futuro tutto da decifrare. Non vive gli anni splendidi a cui ci aveva abituato la nostra Reggina, che da qualche tempo a questa parte pare aver imboccato una spirale buia, tenebrosa, che a momenti fa davvero paura.
Perché guardando la classifica, è questo il sentimento che emerge. Paura. Non tanto per la posizione, non drammatica ma da prendere con le molle, quanto per tutto il contorno. Una squadra che denota preoccupanti amnesie e falle che giornata dopo giornata si aprono con costanza preoccupante, anziché diminuire e tapparsi. E non solo sul rettangolo verde.
Questa Reggina pare aver smarrito la sua identità, quella che l’aveva contraddistinta negli anni d’oro che ogni giorno sembrano un lontano ricordo. Quell’ “Identità Reggina” sciorinata come slogan per la campagna abbonamenti e per la stagione 2012/2013, esatto presagio su ciò che la squadra amaranto deve riacquisire ed alla svelta, in tutte le sue componenti.
Guardare al presente con un occhio al futuro non trascurando il passato, ma anzi traendo il giusto insegnamento da esso. C’è sempre tempo per ammettere i propri errori e rimediare, o almeno provare a farlo. Perché sono tante le cose che non vanno.
Va bene fare le nozze con i fichi secchi, visti i terribili chiari di luna che stiamo vivendo per quanto riguarda la situazione economica generale e del mondo del calcio. Ma scommettere sempre e solo su giocatori provenienti dalle serie inferiori o dai settori giovanili comporta un rischio e non può andare ogni volta bene. E’ indiscutibile la riconoscenza verso il presidente Lillo Foti, sia per i 9 campionati di serie A, di cui 7 consecutivi, che per il merito di tenere decorosamente in vita la Reggina, a dispetto di tante realtà che attualmente sguazzano tra i dilettanti (Ricordiamocelo sempre!!!) Sempre meglio una B difficile ma dignitosa che il fallimento che ha toccato cugini e parenti vari.
Tuttavia va trovata la giusta via di mezzo tra la ragion di stato e le ragioni del cuore, entrambe sono importanti ed una non può fare a meno dell’altra. Perché il tifoso è un essere passionale che non può essere trattato seguendo soltanto i freddi numeri di bilancio. Altrimenti sarà come ballare paurosamente sull’orlo del precipizio. Ed in queste condizioni è più facile cadere che salvarsi. E lo sta dimostrando il campo. Dove assistiamo ad una squadra spesso incapace di colpire e di reagire ai colpi, spesso non così cruenti, dell’avversario di turno. Mister Davide Dionigi, il cui arrivo non poteva e non può riportare da solo la tanto decantata Identità, lui, re Davide, simbolo riconosciuto di quella Reggina che faceva innamorare i suoi tifosi, avrà giustamente le sue colpe, cambiare sempre formazione non ècosa buona e giusta, ma è anche sintomo di qualcosa di più profondo e che non può essere ignorato. Ci siamo mai chiesti il perché di tutto ciò? Avrà forse un piacere masochistico dal mischiare in continuazione le carte, o forse il mazzo che ha in mano non è dei migliori?
Nel gioco del calcio in campo scendono sempre e solo i giocatori, giocatori che sceglie il tecnico tra quelli che la società gli mette a disposizione. E cavare il sangue dalle rape è operazione che da scarsi risultati…
E dinanzi a questo spettacolo ai limiti dell’osceno, chi paga il maggior dazio è sempre il tifoso, anche lui non esente da colpe, perché la squadra si segue nella buona e nella cattiva sorte. In questo scenario desolante e deprimente, come fa a riconoscere un’identità, a riconoscersi in un’identità che sembra ormai soltanto qualcosa di astratto e lontano?
Suvvia, un briciolo di razionalità, onestà ed obiettività, in chi dovrebbe riconoscersi il tifoso? In un presidente che negli ultimi anni ha deciso di concentrare tutti i poteri possibili nelle proprie mani, novello Luigi XIV che forse pensa “La Reggina c’est moi”? In chi, unico superstite a questa campagna di accentramento, avalla passivamente queste scelte, fa figli e figliastri in casa propria, scarica uomini validi dentro e fuori il campo per affidarsi a mezze cartucce non all’altezza della situazione, rischia di perdere i suoi pezzi migliori a parametro zero, perché mai pensarci a tempo debito, e che in certi ruoli, non tutti, mette a disposizione dell’allenatore due elementi, ma nessuno dei due ne fa mezzo valido? O peggio ancora, passando al rettangolo verde, in chi, pur dotato tecnicamente, si “fissa” in inutili quanto sterili e controproducenti preziosismi? Oppure in gente che non ha il coraggio di offendere, di attaccare palla al piede, limitandosi al compitino e disfarsi del pallone prima possibile, o in chi corre male e colleziona falli stupidi e cartellini facili, come se questo fosse il corrispettivo di impegno ed attaccamento?
No, non è questo che desideriamo. No. Vogliamo soltanto vedere gente che sputa sangue, dentro e fuori dal campo, che si sente, e lo dimostra non a parole, bensì con i fatti, intimamente orgogliosa di indossare la maglia amaranto, affrontando tutti a testa alta e senza nessuna paura. Gente semplice ma dal cuore grande, che non si considera semi-divinità sol perché ha la fortuna di giocare a pallone e lo fa per mestiere gente che non si monta la testa, che non si “sente”, che non se la “tira”, gente che non pensa al contratto in scadenza o alle sirene di mercato, che non pensa al macchinone, alla capigliatura all’ultima moda o all’ultima versione dell’iPhone. Perché come ha dichiarato mister Davide Dionigi pochi giorni fa: “Sposare la Reggina non vuol dire soltanto indossare la maglia amaranto, ma mettere questa squadra davanti a tutto”. Questo anelano più di tutto i tifosi, forse più che vincere o perdere, forse più della categoria, ma soltanto quelli veri e non quelli pronti a salire sul carro dei vincitori nei momenti di gioia, quei tifosi stanchi di riempire il “Granillo” ormai spoglio, ma che continuano a farlo per amore, un amore, al momento, deluso. E’ questa la vera Identità Reggina, ormai sopita, ma che è sempre possibile riabilitare. Se solo ci impegniamo tutti un po’ di più. Per poter celebrare nel migliore dei modi il centenario.