“Si porta dietro così tanti segreti, che al posto della camera ardente sarà allestita la camera scottante”, questo è solo uno dei tweet che a ritmo continuo i social network stanno sfornando per la morte di Giulio Andreotti.
94 anni, dei quali più della metà vissuti nei Palazzi romani del potere, Giulio Andreotti è stato una delle figure più potenti, ma al tempo stesso controverse d’Italia; da Presidente del Consiglio, da Ministro, da Senatore a vita e da imputato se n’è sempre parlato.
“Nel bene o nel male purchè se ne parli”: questo era Giulio Andreotti, il Divo.
Chi l’ha accusato di essere mafioso, di aver taciuto delle stragi e degli omicidi dovrà accontentarsi di continuare a non sapere; diceva lo stesso Andreotti di se stesso: “A parte le guerre puniche mi viene attribuito veramente di tutto”.
In tutte le cospirazioni che hanno attraversato l’Italia compare il suo nome. Rapporti a volte riscontrati come quelli col capo della P2 Licio Gelli e in altri casi solo ipotizzati. I rapporti con Michele Sindona mantenuti anche durante il periodo della sua latitanza, nonostante il “divo Giulio” fosse all’epoca Presidente del Consiglio.
Il “bacio” con Totò Riina e i processi per favoreggiamento alla mafia e per l’omicidio del giornalista Pecorelli.
Ma dalle aule dei tribunali è sempre uscito vittorioso e il nostro ordinamento parla chiaro. Non condannato dalla giustizia terrena; quella morale o divina non compete a noi.
Oggi muore l’uomo, il cristiano e il politico Andreotti. Oggi con lui muore un pezzo di storia.