Reggio, la Calabria e i nuovi italiani in attesa di essere tali

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Il dibattito sui diritti di cittadinanza ai minori, figli di stranieri, nati in Italia, ha ripreso fiato e prospettiva con la nomina del neoministro  per l’integrazione, Cecile Kyenge,  perciò  è importante   riannodare quel filo di dialogo tra Parlamento e società civile di fatto interrotto da due anni. Per fare ciò sarebbe forse utile  spogliare il confronto sul tema dei diritti di cittadinanza dalle impostazioni ideologiche e guardare ai fatti: ai segnali che ci vengono da una società in rapido movimento, dalla realtà della crisi globale, nonché dai bisogni e dalle aspirazioni espresse dai nuovi come dai vecchi cittadini“: lo afferma in una nota il prof. Guido Leone.
“Ma anche i dati oggi parlano ancora più  chiaro. I dati sugli studenti stranieri nati in Italia e il loro progressivo aumento possono fornire un utile contributo alla comprensione di una delle questioni oggi maggiormente in discussione in tema di immigrazione: la riforma della normativa sull’acquisizione della cittadinanza”, continua Leone.

 “Al gennaio 2012 risultavano presenti in Italia mezzo milione di minori stranieri nati sul  territorio nazionale nazionale, di cui due terzi alunni frequentanti la scuola italiana, poco meno di 210mila se consideriamo solamente le scuole primarie e secondarie (con l’esclusione, cioè, di quelle dell’infanzia) .In altri termini, negli ultimi cinque anni gli studenti stranieri nati in Italia sono cresciuti del 60% nelle scuole dell’infanzia (dove hanno raggiunto le 126mila unità, a partire dalle 79mila del 2007/2008) e nelle primarie (145mila), mentre sono più che raddoppiati nelle secondarie di primo grado (46mila) e di secondo grado (17mila).

Insomma gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, per ordine di scuola nell’ultimo quinquennio sono in tutto 334.284.

Come anticipato nel precedente paragrafo, i valori più elevati di alunni nati in Italia per quanto riguarda le scuole dell’infanzia si trovano nelle regioni Veneto (87,2%), Marche (85,2%) e Lombardia (83,7%), ben al di sopra della media nazionale che per questo ordine di scuola è dell’80,4%.

La Calabria, al contrario,parte da uno straniero su quattro nato in Italia nei primi anni di scuola primaria e scende a meno di uno su dieci nell’ultimo anno di tale ordine di scuola.

In Calabria gli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia per ordine di scuola e regione e rilevati per l’anno scolastico 2011/2012 sono 1.123 nelle scuole dell’infanzia, 615 nella primaria, 244 nella scuola media,114 nella secondaria di secondo grado per un totale di 2096.

Le percentuali più basse di nati in Italia si riscontrano nelle regioni Molise (49,1%), Calabria  (51,6%), Campania (54,3%) per quanto riguarda la scuola per l’infanzia; sono invece Molise (1,8%), Calabria (2,8%), Abruzzo (3,1%) per quanto riguarda l’ultimo anno di corso delle scuole secondarie di secondo grado.

Secondo uno studio del Ministero del Lavoro, il calo demografico tra il 2010 ed il 2020 sarà di almeno altri 1,7 milioni di cittadini il che porterebbe il rapporto stranieri italiani ad 1 contro 8.  Secondo il Fondo sulle Popolazioni Mondiali (Nazioni Unite),  tra oggi ed il 2050, l’Europa perderà altri 103 milioni di abitanti, di cui forse 8 milioni di italiani. Infatti attualmente l’Italia registra la 3° età mediana più alta del mondo, dopo Giappone e Germania, (43 anni, contro i 15 del Niger o i 16,7 dell’Afghanistan). Non c’è dubbio che il futuro demografico e di sviluppo del nostro Paese dipenderà in gran parte dai flussi migratori e dai nuovi nati stranieri in Italia.

In quanto ai minori stranieri, essi sono destinati ad un aumento percentuale notevolmente superiore al trend complessivo migratorio. Nel 2010 c’erano quasi un milione di minori stranieri, di cui oltre 650 mila nati in Italia. Nel 2020 le previsioni è che essi supereranno quota 1,5 milioni.
Dobbiamo considerare che riforme così importanti, come quella sulla cittadinanza, riguardano le regole di civile convivenza della società presente e futura. E’ consigliabile, dunque, che non vengano approvate di forza da una maggioranza parlamentare risicata, anche perché correrebbero il rischio di essere cancellate da un futuro cambio di governo. Su un tema tanto fondamentale come il contratto sociale, meglio sarebbe trovare una larga maggioranza, anche se su contenuti mediati, piuttosto che rimanere fermi al 1992.

Una cosa è certa: l’attuale legge, che prevede il diritto di acquisire a 18 anni la cittadinanza solo per i figli di genitori stranieri che siano nati qui e che dimostrino di aver risieduto in Italia tutta la vita senza interruzioni, non funziona. E’ barocca e impraticabile: per le famiglie immigrate, dimostrare la residenza ininterrotta è molto difficile, soprattutto perché le varie sanatorie che l’Italia ha adottato hanno creato periodi di vuoto nelle iscrizioni in anagrafe, anche nei casi di effettiva residenza in Italia. Soprattutto, è una legge fuori dal tempo, che non fa i conti con la realtà dell’immigrazione in Italia: forse accettabile ieri quando il fenomeno era una novità, non certo oggi quando nelle grandi città un nato su tre ha genitori stranieri. Quando venne varata, gli stranieri diciottenni nati in Italia erano poche decine. Nel 2012 circa 8000 stranieri nati in Italia sono diventati maggiorenni. Sappiamo – perché sono già nati e risiedono in Italia – che il numero dei diciottenni stranieri salirà a 16.000 nel 2016, 33.000 nel 2020, 72.000 nel 2026. Perché mai costringere tutti questi giovani nati e cresciuti in Italia a percorsi di esercizio di un loro diritto lunghi (al compimento dei 18 anni, le pratiche possono prolungarsi anche per tre anni), inutilmente tortuosi e soprattutto incerti?

La nostra proposta è che l’acquisizione della cittadinanza da parte dei figli degli immigrati discenda dall’aver frequentato le scuole italiane. Per chi è nato in Italia da genitori stranieri (le seconde generazioni in senso stretto), ma anche per chi vi è arrivato in tenera età (le cosiddette generazioni 1,75), un percorso scolastico completo (dalla primaria al completamento dell’obbligo formativo a 16 anni) e certificato (pagelle, esami di Stato) deve poter costituire una dimostrazione sufficiente non solo della permanenza nel nostro Paese – come attualmente richiesto dal requisito di residenza – ma soprattutto di una conoscenza adeguata della lingua italiana e di tutti quei requisiti di cultura storica, civile e scientifica che riteniamo irrinunciabili per la formazione di un buon cittadino italiano. La scuola dell’obbligo, oltre a sottoporre a un trattamento di circa 10.000 ore di lezione lungo l’arco di una decina di anni, assicura un livello di integrazione – ad esempio con i compagni di classe – che il semplice requisito di residenza non garantisce. D’altra parte, chi se non la scuola – ha svolto la missione di «fare gli italiani» negli ultimi 150 anni?

Intanto,in attesa di un auspicabile cambio legislativo nazionale rinnoviamo l’invito ai Commissari prefettizi di Reggio Calabria affinché facciano un gesto di civiltà dando un segnale culturale e politico importante decidendo di conferire la cittadinanza onoraria ai minori nati sul nostro territorio.

E analogo invito rivolgiamo al presidente del Consiglio Regionale della Calabria affinchè si faccia promotore di una risoluzione a tale scopo assunta dall’Assemblea con la sollecitazione a tutti i Comuni della regione,anche se taluni lo hanno già fatto, perché valutino l’opportunità del conferimento. Sarebbe bello se la festa del 2 giugno  quest’anno,meno sfarzosa del previsto per la recessione economica,si potesse arricchire invece di una grande testimonianza di solidarietà e di promozione dei diritti di cittadinanza“, ha concluso il prof.

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