Emilio Colombo: che la terra Le sia lieve, ma non quella di Reggio

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Quel Presidente del Consiglio, signor Presidente, si chiamava Emilio Colombo. Poi abbiamo saputo dalle cronache – ahimè, non politiche – di questi giorni che il presidente del Consiglio di allora Colombo, oggi senatore a vita, forse incautamente nominato, per sua stessa ammissione assume cocaina. Io mi domando, signor Presidente, se anche nel 1970…”: era il 2003 e queste furono le parole del senatore Renato Meduri nei confronti del senatore a vita Emilio Colombo, scomparso ieri all’età di 93 anni.

A Palazzo Madama si discuteva della decisione del Governo di situare a Scanzano Jonico un deposito di scorie nucleari e delle oltre 100.000 persone che avevano manifestato per il proprio diritto alla salute; nel 1970, invece, a Reggio Calabria tale diritto non fu concesso dall’allora Presidente del Consiglio, Colombo, che a contrario inviò i carri armati e la protesta, i cosiddetti moti furono repressi nel sangue.

Reggio Calabria non ha mai dimenticato quegli episodi: il sangue, le barricate, l’orgoglio dei reggini che scesero in piazza per protestare contro la decisione del Governo di collocare il capoluogo a Catanzaro con l’istituzione delle Regioni.

E Reggio Calabria non ha neppure dimenticato la più grande bugia del senatore a vita Colombo, quella che prende il suo nome, il cosiddetto Pacchetto Colombo, quella che avrebbe dovuto essere la panacea di tutti i mali di una terra già martoriata politicamente, economicamente e spogliata della sua insigne di capoluogo.

Aveva promesso 15.000 posti di lavoro, il Quinto Centro Siderurgico nella Piana di Gioia Tauro, la Liquilchimica a Saline Joniche, la Sir a Lamezia Terme.  Tutto fumo, anzi deserto.

Sì deserto, perché un merito al senatore a vita Colombo i reggini l’hanno riconosciuto. Dai suoi provvedimenti messi in atto per la Calabria nel 1971, per tacitare la rivolta di una terra orgogliosa, nacque la definizione di “cattedrale nel deserto”.

E mentre la ‘ndrangheta faceva affari d’oro con gli appalti e subappalti di queste opere, le stesse non avrebbero mai visto la luce. O sarebbero state costruite ma mai utilizzate come la Liquilchimica di Saline, la cui ciminiera è il più alto simbolo del fallimento del pacchetto Colombo.

Tutti simboli del mal governo, dello sperpero e del saccheggio perpetrato nei confronti di Reggio da mafiosi, politici corrotti e industriali profittatori che intascarono finanziamenti pubblici.

Ecco perché la rivolta di Reggio non può essere definita la “rivolta dei fascisti”; è stata la rivolta di una città intera e dei suoi cittadini che per questa città hanno scelto di sacrificare anche la vita. E l’onore e il nostro rispetto vanno a loro.

Questo non vuole essere un accanimento contro Colombo, ormai passato a miglior vita, ma una riflessione sui suoi rapporti con la nostra città e del perché ovunque si stiano leggendo commenti sprezzanti su un politico, che siamo certi Reggio non rimpiangerà.

Le ultime dichiarazioni di Emilio Colombo sull’argomento risalgono sempre al 2003 quando ebbe il coraggio di rilasciare una dichiarazione al Sole 24 Ore così affermando: “Se i reggini camminano sul Lungomare lo devono a me. Grazie a quel pacchetto furono ricoperti i binari della ferrovia che tagliava il bellissimo molo di Reggio”.

Caro Senatore Colombo che la terra  Le sia lieve, ma non quella di Reggio Calabria.

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