Morte Cucchi, le reazioni del web: “Chi è STATO non ha mai PAGATO”

StrettoWeb

Chi è STATO non ha mai PAGATO” è una delle frasi provocatorie lanciate sui social network  immediatamente dopo la lettura della sentenza emessa nella giornata di ieri dalla III Corte d’Assise di Roma sul caso Cucchi.

La storia di Stefano Cucchi, morto una settimana dopo il suo arresto per droga, è ormai nota a tutti; dal lontano 2009 si è concluso ieri il processo, ma giustizia è stata fatta?

No per la famiglia Cucchi, la cui reazione dopo la lettura della sentenza è stata di urla e forte tensione. “Fate schifo” hanno urlato i presenti ai giudici e poi le lacrime della sorella Ilaria, da sempre in prima linea per trovare la verità di una morte apparentemente inspiegabile. “Io non mi arrendo – dice Ilaria Cucchi– questa è una giustizia ingiusta. I medici dovranno fare i conti con la loro coscienza, ma mio fratello non sarebbe morto senza quel pestaggio. Si tratta di una pena ridicola rispetto a una vita umana. Sapevamo che nessuna sentenza ci avrebbe dato soddisfazione e restituito Stefano ma calpestare mio fratello e la verità così… non me l’aspettavo“.

A pagare per la morte di Stefano Cucchi saranno solo i medici, la cui pena però è stata condizionalmente sospesa; tutti assolti con formula piena “per non aver commesso il fatto”, invece, gli infermieri e i tre agenti penitenziari, che avevano in affidamento il ragazzo romano la mattina del 16 ottobre del 2009.

Un processo è stato fatto, la legge avrebbe dovuto trionfare e, invece, dopo anni di processo rimangono dubbi. Com’è morto davvero Stefano Cucchi? Perché è morto?

Era un ragazzo con problemi di droga, che ha sbagliato ed era giusto pagasse con un legittimo processo ed eventuale condanna o assoluzione. Il processo avrebbe dovuto ad avere ad oggetto reati di droga non un omicidio. Perché ci sono foto, che testimoniano che Stefano Cucchi ha subito un pestaggio, ma chi lo abbia perpetrato non è dato sapere.

La sentenza è stata scritta: Stefano Cucchi è morto di fame e di sete sei giorni dopo il suo arresto all’ospedale Pertini di Roma.

Si rispetti la sentenza, il lavoro della magistratura e la verità processuale, ma resta il rammarico che una violenza così grave e intollerabile in una nazione civile come l’Italia, non può risolversi con una sentenza che non fa piena luce sulla vicenda. Anzi….

Condividi