A Reggio Calabria tutti conoscono via Aschenez, una delle strade principali della città, parallela alla Via Marina ed al Corso Garibaldi. Ma ben pochi sanno perché questa strada è dedicata ad un certo “Aschenez”. Chi era questo Aschenez?
Nella Genesi (10, 2-3) è presente un tale chiamato “Aschenaz”, figlio di Gomer, a sua volta figlio di Iafet, che è figlio del Noè biblico, il Noè dell’arca. Ad Aschenez è attribuita, secondo un mito, la fondazione di Reggio Calabria.
Sempre, nella storia delle civiltà umane, a fonti storiche assenti, subentra il mito che spiega ciò che la storia non riesce a spiegare e afferma ciò che la storia non è capace di affermare. Ciò vale anche per la città dello Stretto.
Siamo intorno al 2000 a. C., circa 800 anni prima della guerra di Troia. Aschenez, ebreo, parte dalla Terra Promessa con l’intento di ripopolare parti della Terra a ormai tre generazioni dal diluvio universale; da ciò si può dunque così attribuire a Reggio la denominazione di “urbs a diluvio condita” (città fondata da un diluvio). Era ormai divenuta consuetudine sin da epoche a quella ancor più remote che si attribuisse la creazione del mondo ad un evento catastrofico, tanto in ambiente mesopotamico quanto anche in ambiente ebreo, con il mito di Noè ed anche poi con quello di Aschenez, suo discendente. Prima infatti di partire per fondare una città secondo tali miti si usava consultare il parere di un indovino, un oracolo, che desse un responso su dove e come fondare la futura città: e così ovviamente fece il buon Aschenez che prima di partire per le sue avventure andò a Delfi, all’oracolo più importante della Grecia, consacrato ad Apollo, dove risiedeva la Pizia, sacerdotessa dal fare naturalmente molto sibillino. Proprio Pizia con parole oscure disse al buon Aschenez: «Là dove l’Apsias, il più sacro dei fiumi, si getta nel mare, là dove, mentre sbarchi una femmina si unisce ad un maschio, là fonda una città; il dio ti concede la terra ausone».
Aschenez, alla testa di una flotta di vari marinai, parte alla ricerca dell’Apsias e della donna che si unisce al maschio; e, vedete voi il destino, l’Apsias è il nostro beneamato Calopinace, fiumara che attraversa tuttora l’urbe reggina. Osservò poi la vegetazione del luogo ed in località Pallantio (la zona del Fortino di Reggio) scorse una vite (la femmina) avvinghiata ad un albero di ulivo (il maschio): capì che quello era il luogo profetizzato; si apprestò dunque subito a fondare la nostra cara Reggio. Si deve infine poi ricordare che “la terra ausone” è ovviamente quella abitata dagli Ausoni, antichi abitanti della provincia di Reggio Calabria.
A sostenere tutta questa bella storiella che potrebbe rimanere sospesa senza fondamenti si può porre l’etimo stesso della parola “Calabria”. “Chalav” infatti, in ebraico, vuol dire latte, di cui era ed è abbondante la Calabria, e dunque da ciò viene “Calab” (oltre all’etimo latino che deriva dal popolo dei Bruzi, in quanto essa era chiamata “Bruttium).
Si riscontra, dunque, sempre con maggiore interesse e curiosità, come la Calabria sia stata crocevia di varie culture ed etnie e dunque noi, suoi odierni abitanti, non possiamo che essere il risultato di tutto ciò.