La Scandinavia e il cibo italiano. Dallo “sciopero dei pomodori” al vino “Mafiozo”

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La Norvegia starebbe boicottando i pomodori italiani, nello specifico le confezioni di pelati in barattolo. No, non si tratta di uno strano caso di razzismo, quanto piuttosto di una punizione dei consumatori scandinavi nei nostri confronti. Le aziende italiane infatti si sarebbero rese colpevoli di sfruttare i lavoratori, pagandoli “in nero”, per raccogliere gli ortaggi. A rivelarlo Stefano Mantegazza, segretario nazionale della Uila (Unione italiana lavoratori agroalimentari).

Siamo stati contattati dal sindacato norvegese – ha dichiarato Mantegazza – perché i consumatori del loro Paese dopo avere appreso da giornali e da siti internet che per la raccolta di pomodori in Italia si usano anche braccianti non retribuiti legalmente si rifiutano di comprare i pelati in scatola italiani, di cui facevano un forte consumo“. Un calo consistente e un problema non trascurabile, che porterà ad un meeting tra Mantegazza ed una delegazione sindacale norvegese, già programmato a Roma per il prossimo 18 ottobre.

L’obiettivo, aggiunge il segretario dell’Uila, è “di proporre un marchio che certifichi anche il rispetto dei contratti sociali e delle leggi: una qualità etica“. Insomma garantire al consumatore estero un prodotto non solo di qualità, ma che sia stato realizzato senza violazioni. Il lavoro in nero nei campi infatti è una realtà concreta, specie quando la manodopera è formata da cittadini nordafricani, in certi casi letteralmente sfruttati, con turni massacranti a fronte di una paga irrisoria.

Ben diverso è l’ennesimo caso di un marchio pseudo-italiano che non solo è una vera e propria truffa, ma offende il nostro Paese, puntando sul brand “mafia”. Stavolta parliamo del vino “Mafiozo“, realizzato da una casa produttrice svedese e commercializzato in tutto il Nord Europa. Sul piede di guerra la Confederazione italiana agricoltori e la Regione Puglia. Il vino infatti riporta impropriamente il marchio Igp Salento.

In realtà la produzione avviene sì con uve salentine, ma mischiate con lo ”Zinfandel” californiano. “Casi come questo -osserva la Cia – non soltanto compromettono l’immagine di un comparto d’eccellenza, com’é quello vitivinicolo, ma danneggiano i nostri produttori che lavorano sotto il segno della qualità, della correttezza e della sicurezza alimentare“. E non bisogna dimenticare l’offesa di un nome che in nessun modo può rappresentare l’Italia. Ma, dopo il caso Don Panino e la “pizza mafiosa”questa triste moda sembra continuare a dilagare.

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