‘Ndrangheta, Coldiretti: “sono agricoli il 23% dei beni confiscati dalla Dia”

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Il 23 per cento dei beni immobili confiscati alla criminalita’ organizzata e’ rappresentato da terreni agricoli a dimostrazione della strategia di accaparramento delle campagne messa in atto dalle Agromafie. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base del Rapporto 2013 sui crimini agroalimentari in Italia, nel commentare la confisca da parte della Dia di beni per un valore di 60 milioni di euro ad un imprenditore della Piana di Gioia Tauro, in Calabria. Non a caso – sottolinea Coldiretti – proprio la regione calabrese figura al secondo posto nella graduatoria degli immobili sequestrati, con ben 502 terreni, e occupa la stessa posizione per quanto riguarda le aziende confiscate (25). Secondo i dati Coldiretti/Eurispes su 12.181 beni immobili confiscati, quasi un quarto e’ costituito da terreni agricoli. Ma le mani della Mafia Spa – continua la Coldiretti – si allungano lungo tutta la filiera e, su un totale di 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3 per cento) operano nei settori ”Agricoltura, caccia e silvicoltura” e 15 (l’1 per cento circa) nei settori ”Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, 173 (10 per cento) nella ristorazione ed alloggio e 471 (28 per cento) nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, anche nell’agroalimentare. L’agricoltura e la filiera agroalimentare rappresentano dunque una destinazione privilegiata per gli investimenti della criminalita’ organizzata perche’ ritenuti piu’ sicuri in un momento di instabilita’ finanziaria, ma anche perche’ consentono di controllare capillarmente il territorio in zone dove lo Stato e’ meno presente. La criminalita’ organizzata che opera nelle campagne ‘incide piu’ a fondo nei beni e nella liberta’ delle persone, perche’, a differenza della criminalita’ urbana, puo’ contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili. Si tratta dunque di lavorare – sottolinea la Coldiretti – per il superamento della situazione di ”solitudine” invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi pubblici, dalle scuole agli ospedali, e delle forze di sicurezza presenti sul territorio, ma anche incentivando il ruolo delle associazioni di rappresentanza attraverso il confronto e la concertazione con la pubblica amministrazione, perche’ la mancanza di dialogo costituisce un indubbio fattore critico nell’azione di repressione della criminalita’.

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