La dipendenza dai social network – sottolinea l’Aida – continua a mietere vittime, soprattutto in Italia che, con oltre 21 milioni di utenti, registra in percentuale più utilizzatori di social network al mondo, con l’86% dei navigatori. A subire maggiormente questo disagio sono soprattutto gli adolescenti, il 22% di questi dichiara di passare ore davanti al computer, soprattutto per connettersi a Facebook, mentre ben il 53% degli utenti si connette alla rete da cellulare per accedere ai social network.
Uno studio di Imr Ricerche realizzato su un campione di 100 persone ha rilevato che il 38% degli intervistati ammette di ‘esagerare’ nell’utilizzo dei social, il 6% ammette di esserne ‘dipendente’, mentre una buona parte degli intervistati crede che i social abbiano un potere quasi ‘ipnotico’, tanto da esserne legati anche senza che vi sia un effettivo e razionale interesse, infine il 20% ammette di avere avuto problemi relazionali derivanti dall’uso smodato di questi strumenti. “Dal 2008, anno in cui Facebook è sbarcato in Italia, è aumentato dell’8% il numero di persone che si rivolge a noi per risolvere il problema da dipendenza dei social network”, assicura Stano.
“L’utente medio – prosegue l’esperto – ha tra i 30 e i 45 anni, spesso a rivolgersi a noi sono madri preoccupate per i loro figli che trascorrono sempre più tempo in rete. Del resto i dati parlano chiaro, e quando chiediamo qual è la motivazione principale che spinge l’individuo a reiterare il suo comportamento, il 5% dichiara di navigare su Facebook per dimenticare i suoi problemi personali, il 3% trova nel social network un profondo senso di appagamento dovuto dal consenso sociale generato dal ‘Mi Piace’, per questo i soggetti che hanno più successo su Facebook sono quelli che rischiano di più la dipendenza”.
“L’addiction disorder, la dipendenza da Internet e, in particolare, da Facebook – conclude – porta l’individuo fuori dalla realtà, in un vortice di ostentazione del sé, di sovraesposizione della propria identità che però è totalmente costruita, fittizia. Il 2% delle persone che si rivolgono a noi dichiara di provare invidia per le foto sorridenti e felici dei propri amici, ciò li spinge a postare immagini di sé in compagnia di persone o comunque in situazioni piacevoli, per dimostrare di non essere da meno. Spesso tale dipendenza nasconde dei disagi più profondi, l’obiettivo delle discipline analogiche sta nell’aiutare chi soffre a ricollegarsi con il proprio inconscio, aiutare a gestire le proprie emozioni attraverso il linguaggio dell’inconscio, un prezioso strumento di orientamento agendo sulle cause e non sul sintomo, riequilibrando così la sfera emotiva”.