La “legge Severino” (dal nome del Ministro del Governo Monti che l’ha ideata), è entrata in vigore il 5 gennaio 2013 e avrebbe dovuto eliminare la corruzione in politica: basta condannati alla guida delle istituzioni, basta infiltrazioni di mafia, basta criminalità. Questi gli annunci in pompa magna dei tecnici che guidavano l’esecutivo del Prof. fino a un anno fa.
La legge Severino prevede per gli eletti alle assemblee regionali, per i sindaci e per i vertici della pubbliche amministrazioni una disciplina ulteriore rispetto a quella riservata agli eletti al Parlamento Nazionale o al Parlamento Europeo. Mentre per essere incandidabili o per decadere da quei Parlamenti è necessaria una condanna definitiva ad una pena detentiva superiore a due anni di reclusione per le cariche elettive regionali e per le cariche elettive negli enti locali, è previsto, in aggiunta , un istituto assolutamente discutibile. Negli articoli otto e undici della legge Severino è previsto che ” sono sospesi di diritto dalla carica coloro che hanno riportato una condanna non definitiva” per una serie di delitti indicati dall’articolo dieci della stessa legge. La sospensione è destinata a durare almeno diciotto mesi in attesa degli sviluppi processuali. A provocare la sospensione obbligatoria è una sentenza di primo grado. Basta che un eletto venga condannato in primo grado per determinare una grave lesione nella vita di un ente rappresentativo della volontà popolare.
Appaiono oggi altrettanto bizzarre le reazioni del mondo politico calabrese e reggino: in tanti si dicono “indignati” dal fatto che la legge Severino consenta a un condannato in primo grado come Scopelliti di candidarsi alle elezioni europee, quando invece fino a pochi giorni fa la stessa legge Severino veniva osannata per aver determinato la fine dell’amministrazione Scopelliti alla Regione Calabria, con l’ormai imminente ritorno alle urne (si voterà a novembre) proprio a seguito della condanna del governatore dimissionario.
Sarebbe stato più opportuno che una giusta legge anti-corruzione prevedesse la sospensione TOTALE da ogni tipo di incarico politico e amministrativo (e quindi anche l’incandidabilità da tutte le elezioni, siano europee, politiche, regionali, provinciali o comunali), ovviamente solo per i condannati definitivi in terzo grado, e cioè per coloro i quali vengono considerati “delinquenti” dall’ordinamento giuridico e legislativo italiano.