Silvio Pellico, piemontese come Camillo Benso, personaggio di cui si è già avuto modo di parlare nel libro, fu un grande patriota, scrittore, drammaturgo, nonché un poderoso giocatore di poker. Trasferitosi a Milano, allora sotto il dominio austriaco, frequentò numerosi colleghi letterati che condividevano con lui la passione per il gioco.
Gli austriaci osteggiavano il poker, non tanto per una questione morale, ma poiché nei circoli in cui lo si giocava, tra una mano e l’altra, spesso si parlava male di loro.
Fu per questo che Pellico e compagni, che si consideravano fratelli, fondarono dei circoli clandestini per giocare liberamente.
In tali circoli si predisponevano anche azioni per ottenere l’indipendenza da Vienna al fine di poter organizzare dei tornei anche con i piemontesi, che avevano fama di essere bene organizzati.
Ma, a seguito della spiata di un giocatore deluso, Silvio Pellico fu arrestato assieme ad altri giocatori ed imprigionato ai Piombi a Venezia e da lì trasferito quindi nella fortezza dello Spielberg, con una condanna a quindici anni.
La vita in prigione era durissima, ma Pellico non si lasciò mai sopraffare dalla disperazione, anzi, supportato da uno spirito indomito, si diede da fare per organizzare tra i detenuti tornei di poker settimanali, nei quali venivano messe in palio le razioni di tabacco che venivano concesse ai reclusi.
Dopo breve tempo, la passione del gioco cominciò a contagiare anche le guardie, per coinvolgere infine anche gli ufficiali.
Pellico intuì subito il business che si stava profilando, in quanto le guardie ed, ancor più gli ufficiali, avevano anche del denaro a disposizione.
Iniziò pertanto a proporre dei tornei con premi in denaro, incontrando l’immediato consenso del direttore del carcere, che si era appassionato anche lui al gioco.
Ovviamente Silvio Pellico, forte della sua esperienza, spellò tutti come polli, tant’è che il direttore del carcere, dopo qualche anno, avendo perso una fortuna al gioco, sponsorizzò caldamente la grazia in suo favore, al fine di non trovarselo più davanti come avversario.
Il patriota non scontò quindi tutta la pena e tornò in Italia anticipatamente.
C’è da dire che Silvio, nel tempo libero, era riuscito anche a scrivere un libro: Le mie prigioni, in cui descrisse in dettaglio i vari episodi che avevano caratterizzato la sua prigionia, quantificando persino i soldi vinti al gioco.
Il primo ministro Metternich quando fu informato sui fatti ed ebbe letto il libro, fattosi bene i conti, pronunciò quella frase che diventò poi famosa:
Quel Pellico è costato all’Austria più di una battaglia persa.
Saverio Spinelli