UniMe. L’Ispettorato tuona: “CUS era agenzia lavoro”. All’Ateneo multa da 2 mln

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Una vera e propria agenzia di lavoro per reclutare a basso costo e ovviamente senza concorso personale da reimpiegare all’interno dell’Ateneo: era il CUS di Messina. Con queste motivazioni l’Ispettorato del Lavoro ha inflitto all’Università degli Studi di Messina una salatissima multa di 2 milioni di euro. Coinvolti anche l’ex commissario straordinario del Centro Universitario Sportivo, Sergio Cama, e l’ex rettore Francesco Tomasello.

Ben 80 lavoratori tra istruttori sportivi, addetti alla segreteria e addetti alle pulizie, sarebbero stati assunti con contratti di collaborazione sportiva esenti da tasse e dai contributi previdenziali – come prevede la convenzione col Ministero dell’Istruzione – dal CUS, ma in realtà venivano impiegati all’interno dell’Università. L’Ateneo poi rimborsava al CUS l’equivalente degli stipendi. Un pratica che si è protratta per almeno due anni, dal 2010 al 2012, quando sono iniziate le indagini.

L’ex rettore Tomasello

I lavoratori, inseriti all’interno dell’organigramma dell’Ateneo, erano a conti fatti, dipendenti dell’Università e non del CUS, e costavano poco, per gli sgravi fiscali di cui sopra. Elemento fondamentale, del quale sembra se ne siano accorti anche Cama e Tomasello, come emergerebbe da un verbale del Consiglio d’Amministrazione dell’Università, datato agosto 2010.

Il Centro Sportivo Universitario, ricordiamo, è stato messo in liquidazione nel 2013, a causa di un buco di bilancio di ben 5 milioni di euro. Sotto inchiesta per questo ammanco da parte della Procura della Repubblica di Messina sono, oltre a Tomasello e Cama, il successore di quest’ultimo, Pietro Jaci, e il dirigente Carmelo Trommino. Era sotto indagine anche il presidente del CUS italiano, Leonardo Cojana, ma è deceduto pochi mesi fa. Da un ramo di questa inchiesta è scaturita la multa.

Secondo quando ipotizza il sostituto procuratore Antonio Carchietti, che si occupa delle indagini del filone principale, il CUS sulla carta gestiva gli impianti sportivi, ma in realtà già dal 2006 l’allora rettore Tomasello aveva deciso di esautorare l’ente, e prendere direttamente in gestione le strutture e l’organizzazione. Il tutto con personale che ufficialmente faceva capo al CUS, ma in realtà era sotto le dirette dipendenze dell’Università.

Ma come si è arrivati a questo “buco” da 5 milioni di euro? Basti fare riferimento a quanto accaduto nel 2012, in occasione dei Campionati Nazionali Universitari, quando già il deficit era di 4 milioni. Una manifestazione costata 800.000 euro, con spese che possiamo definire folli: 15.000 euro per una settimana di lavoro per i 5 addetti stampa; altri 14.000 per un’agenzia di comunicazione; 30.000 euro per una sontuosa cena di inaugurazione. E così via. Un evento che doveva essere finanziato in buona parte dalla Regione Siciliana, che però non sborsò neanche un euro, nonostante le promesse dell’allora assessore al Turismo Daniele Tranchida, per altro docente proprio dell’Università di Messina.

Dopo la liquidazione del CUS, il neo rettore Pietro Navarra – che si ipotizza abbia anche consigliato nel 2006 il predecessore sulla scelta di tagliare fuori l’ente – ha creato il CUS Unime. Una mossa che, sospettano gli inquirenti, sia servita solo a non perdere i finanziamenti ministeriali e ad aggirare invece le richieste dei creditori.

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