Di certo ognuno di noi sa bene come lo stretto in età classica fosse un centro molto fiorente, pullulante di ricchezza e di potenza; e sappiamo un po’ tutti anche che il culmine della potenza di Reggio avvenne in età greca; ma una delle figure che senza dubbio in quel tempo fecero la storia di Reggio fu quella del tiranno Anassila, sotto il quale la città divenne uno dei centri principali di tutto il Mediterraneo. Siamo nel V secolo a. C., quella che storicamente parlando viene definita “l’età della polis”, il periodo cioè in cui raggiunsero il culmine della loro potenza le ?????? (“poleis“, città) greche, l’era della grande tragedia classica e delle due grandi guerre (persiane e peloponnesiaca), dell’imperialismo e della potenza della Magna Grecia; a Reggio tuttavia, come sempre, non tutto era rose e fiori: un po’ tutti, essendo a conoscenza della posizione strategica di questa città, volevano “papparsi” una fetta di quella buonissima torta che la nostra città poteva offrire a dei conquistatori: Etruschi, dal Tirreno, Crotoniati, dall’interno, Siracusani, da sud (che già da tempo si erano impossessati delle colonie calcidiche in Sicilia e che di certo non si sarebbero fatti tanti scrupoli a fare una bella passeggiatina dall’altra parte dello stretto), possiamo dire con certezza che nessuno si tirava indietro da questa bella impresa; l’oligarchia reggina era in tumulto, dovunque non si capiva niente; e cosa avvenne dunque? Che un bel mattino, Anassila, il giovane tiranno, si alzò e si mise a capo della fazione democratica presente in città, ponendo fine alle contese, da buon reggino insomma.
Egli, per prima cosa, accolse sotto la sua protezione molti profughi che avevano dovuto fare le valigie in Grecia a causa delle guerre Persiane, come i Samii ed i Milesi, e si occupò poi della cosa che più gli stava a cuore: dominare sullo stretto. Egli, dunque, fece costruire una bella roccaforte sulle rocche di Scilla, a scanso di equivoci, per dormire sonni tranquilli; ma poi, per arrivare tranquillo a ??????? (“Zancle“, antico nome di Messina), rinforzò la flotta. Aspettava tuttavia con ansia il momento giusto per attaccare in Sicilia, il quale arrivò precisamente quando cadde Mileto (in Asia Minore) e quando ai Samii, profughi e fuggiasci, venne un’idea in testa: fondare una bella colonia in Sicilia. Anassila non aspettava di meglio: perché però costruire nuove città quando se ne ha una bella e pronta da poter occupare – pensò lui; e così li indusse a fare tutto ciò, con gran tranquillità. I Zanclei chiesero allora subito aiuto ad una figura a quei tempi molto influente in Sicilia, il tiranno Ippocrate di Gela, il quale però si guardò bene dal muovere guerra contro ?????? (“Region“, Reggio), città allora molto potente; e si alleò invece contro Zancle stessa.
Anassila dunque riuscì ad occupare finalmente la città, e la ribattezzò ??????? (“Messene“), davvero da buon patriota, in onore alle sue origine messeniche; e un po’ tutti vennero a sapere ciò che stava accadendo nello stretto, ed anche illustri storiografi come il grande Tucidide parlarono di questo avvenimento; il tiranno tuttavia, appropriatosi della città, mandò a spasso quei suoi grandi amici dei Samii per i quali prima aveva mostrato tanto amore fraterno. Anche se tutto questo successo non durò molto: Gela, con il fondamentale supporto di Siracusa, attaccò Imera, dove il tiranno Terillo, suocero di Anassila fu costretto alla fuga; egli allora, imbufalito per questo affronto, chiese aiuto a dei suoi carissimi amici in Africa, i cartaginesi, il cui supporto tuttavia non valse loro la vittoria, ma fece anzi precipitare ancor di più la situazione. Anassila era nei guai: Siracusa si espandeva sempre più, egli aveva anche dovuto desistere dalla campagna militare che aveva voluto condurre contro Locri (città storicamente alleata con i Siracusani); solo allora capì che per non perdere proprio tutto doveva mettere da parte i suoi propositi guerrafondai: fece sposare la figlia con il fratello di Gelone di Siracusa, e tutto tornò rose e fiori; poco tempo dopo, solo quando era riuscito a salvare per poco Reggio e le sue conquiste, morì, lasciando alla città una preziosissima eredità politica nonché socio-culturale, essendo stato senza dubbio una delle figure più illuminate che resse, nella sua storia, la città.