Reggio, alla scoperta del mitico passato di Modena – 1° episodio

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Maria_Santissima_di_ModenaOgni reggino conosce indubbiamente il celeberrimo quartiere di Modena, nella zona sud della città, dove fino alla fine degli anni 80 sorgeva peraltro anche il noto manicomio (donde peraltro l’espressione dialettale da tipico riggitano “und’e ch’u chiurunu a Morina”), ove la storia si mescola ogni giorno con la leggenda. Partiamo quest’oggi alla scoperta delle storie e delle leggende che avvolgono questa pittoresca località, partendo tuttavia da alcuni scritti, fra i quali, per auctoritas, spiccano quelli dei penultimi due parroci della nota parrocchia del  reggino, l’ormai defunto don Lillo Altomonte e don Ercole Lacava, predecessore dell’attuale don Gianni Licastro. Ed andiamo specificamente alla scoperta dell’etimologia del nome stesso di essa, nella cui indagine filologica l’ipotesi fondamentale è quella ascrivibile ad un periodo greco-bizantino; analizzando infatti l’etimo latino (tesi sostenuta nel tempo peraltro da illustri figure come quella di un parroco della “Candelora” di Reggio don Giuseppe Pensabene, autore anche di saggi sull’influenza del latino nei toponimi dell’Italia meridionale, ci si ricorda di una fortezza in attività fino alle guerre mondiali, e che lavorava in contiguità con altre quali quelle di Arghillà, Pentimele o Matiniti, al fine specificamente di difendere la città dal lato sud; da cui deriva l’ipotesi per la quale Modena sia una traslazione per “Mottina”, sulla falsariga delle altre “Motte” dell’epoca (delle quali resta preziosa vestigia nel noto paese di Motta San Giovanni); ricordiamoci infatti innanzitutto come le zone limitrofe all’attuale sobborgo furono abitate già in età ellenistica durante il qual periodo, secondo recenti studi, qui sorgeva la necropoli della città.

Successivamente però alla caduta dell’impero romano, ed alla sempre più capillare diffusione europea delle invasioni barbariche, intorno cioè alla fine del VI secolo a. C., si data una penetrazione avaro-slava nella Morea, nota regione nel Peloponneso, così denominata a causa di due fattori: la conformazione geografica a forma di gelso, e la forte presenza di questa stessa pianta in questa regione. Gli abitanti di essa, tuttavia, incalzati da questi invasori, decisero di scappare dalla loro terra natia alla volta di nuove terre, le quali furono (guarda tu, la sorte!) quelle intorno alla città di Reggio; in seguito essi, tuttavia, una volta che ebbero raggiunto questa terra, per proteggersi meglio dalle prime incursioni saracene che qui imperversavano già da tempo, si rifugiarono sulle colline dove, dopo un po’ di tempo, sarebbe sorto l’abitato di Modena, sulle quali vissero probabilmente fino al IX secolo a.C., un po’ mantenendo le loro antiche usanze greche, un po’ in commistione con le genti locali: ed ecco a voi spiegata un’altra delle radici etimologiche: Modena deriverebbe infatti, secondo queste fonti, dal termine stesso “morea”, dovuto però non solo a queste genti dalla pelle più scura qui insediatasi, ma anche per il fatto che costoro qui importarono la coltivazione del gelso; e da esso, dunque, derivò “Morina”, probabilmente traslato nell’ottocento da Spanò-Bolani nel più attuale e nel semanticamente più accettabile “Modena”.  Nel secondo articolo di questo sequel, domani, parleremo invece di un’ altra, importantissima testimonianza documentaria sull’arcana storia di questo quartiere. 

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