Reggio, arriva la Rainbow Warrior: tre storie, un solo destino

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IMG_20140708_095235Verso la fine del 1977, con l’aiuto del WWF, Greenpeace acquista un’imbarcazione europea costruita nel 1955, la Sir William Hardy. Lunga 43,92 metri e larga 8,42, è la prima nave a doppia alimentazione mai costruita in Gran Bretagna.

LE ORIGINI

Bob Hunter, uno dei fondatori di Greenpeace, nel suo libro “Warriors of the Rainbow” racconta la serie di eventi che ha trasformato questo arrugginito peschereccio britannico nella Rainbow Warrior.

Durante il suo primo viaggio con una nave di Greenpeace – la Phyllis Cormack – Bob porta con sé un libro di miti, profezie e leggende indiane ricevuto in dono da un’anziana nativa americana nomade. Al momento del regalo, l’anziana aveva detto a Bob che quella raccolta gli avrebbe cambiato la vita.

Inizialmente il giornalista canadese non dà molta importanza al dono. Ma poco prima di questo viaggio sulla Phyllis Cormack, per una serie di circostanze fortuite, gli capita il libro tra le mani. Decide di leggerlo.

Viene colpito in modo particolare da un capitolo riguardante una storia che un’anziana chiamata “Eyes of Fire”, appartenente alla tribù degli indiani Cree, raccontava al pronipote. Mentre stava per essere sconfitta, la tribù dei Cree previde che sarebbe venuto un tempo in cui l’uomo bianco con il suo materialismo avrebbe esaurito le risorse della Terra. Ma prima che fosse stato troppo tardi, il Grande Spirito degli Indiani sarebbe tornato per far resuscitare i guerrieri pellerossa e per insegnare a tutti gli uomini del mondo il rispetto per la Terra: insieme sarebbero diventati i “Guerrieri dell’Arcobaleno” (Rainbow Warriors in inglese).

Un storia che in molti già conoscono a Greenpeace. Per questo, nel 1978, si decide di ribattezzare il Sir William Hardy con il nome “Rainbow Warrior”.

Da quel momento, grazie alla Rainbow, i Guerrieri dell’arcobaleno iniziano a solcare i mari del Pianeta, per condurre battaglie pacifiche contro la caccia alle balene, l’abbattimento delle foche e i test nucleari.

IL SABOTAGGIO

Nel 1985, dopo aver da poco concluso l’operazione “Exodus” sull’atollo di Rongelap (Oceano Pacifico), la “Rainbow Warrior” si ritrova a dover affrontare un tragico evento. L’isola di Rongelap, infatti, era stata colpita dalle radiazioni dei test nucleari condotti dagli americani tra il 1948 e il 1956 e tra i suoi abitanti si riscontrava un’incidenza altissima di cancro alla tiroide, di leucemia e di malformazioni fetali. Su richiesta dei rappresentanti di Rongelap al Parlamento delle Isole Marshall, Greenpeace acconsente a evacuare l’intera popolazione dell’isola nella più salubre isole di Mejato. Una volta terminata la missione, la Rainbow si dirige verso Auckland, in Nuova Zelanda, in attesa di fare rotta per Mururoa.

IMG_20140708_094720Ma non arriverà mai a Mururoa. Il 10 luglio 1985, quando mancano dieci minuti alla mezzanotte, due esplosioni squarciano lo scafo della nave ormeggiata nel porto di Auckland. La “Rainbow Warrior” affonda e Fernando Pereira, un fotografo di Greenpeace, rimane ucciso. Le esplosioni sono chiaramente il frutto di un atto di sabotaggio e l’attenzione cade subito sui servizi segreti francesi. L’inchiesta ufficiale non attribuirà responsabilità dirette al Governo di Parigi, ma due mesi dopo il sabotaggio il Ministro della Difesa Charles Hernu si dimette.

Questo episodio, seppure drammatico, da quel momento in poi certifica il ruolo sempre più importante di Greenpeace e del movimento ambientalista a livello internazionale.

UN NUOVO INIZIO

Nel 1987 Greenpeace acquista una nuova nave fornita di vele comandate meccanicamente per risparmiare carburante. Costruita nel 1957, la nuova Rainbow è lunga 55,20 metri e larga 8,54. La sua velocità di crociera è di 10 nodi. La nave ha spazio sufficiente per un equipaggio di 30 persone e può navigare ininterrottamente per 30 giorni. Viene varata ad Amburgo il 10 luglio 1989: dopo due anni di lavori e riparazioni è pronta per lottare in difesa del Pianeta.

Negli anni, la Rainbow Warrior viene onorata dalla presenza di persone famose, capi religiosi, famiglie reali e gruppi rock. Aiuta a trasferire la popolazione di un’isola dell’Oceano Pacifico contaminata dalle radiazioni, presta soccorso alle vittime dello Tsunami del 2004 nel Sud-Est asiatico e naviga contro la caccia alle balene, il riscaldamento globale e molti altri crimini contro l’ambiente in ogni parte del mondo.

Storico l’impegno della Rainbow Warrior nella lotta contro i test nucleari nel Pacifico. Nel 1995 prende parte alla “flotta della pace” per protestare a Mururoa. Commandos francesi abbordano e occupano la nave nelle acque territoriali della Polinesia francese il primo settembre, danneggiandone gravemente le strutture. Ma “non si può affondare un arcobaleno” e alla fine la Rainbow Warrior vince: nel 1996 si pone fine ai test nucleari nel Pacifico.

Dopo 22 anni di azioni non violente nei mari di tutto il Pianeta, la Rainbow Warrior II viene donata a Friendship, una ONG asiatica, che la utilizza come nave ospedale per prestare cure mediche ad alcune delle comunità più povere del Bangladesh e della Baia di Bengal.

La nave – una replica dell’originale Rainbow Warrior in seguito al sabotaggio del 1985 – ha contribuito allo stop dei test nucleari nel Pacifico, al blocco di porti carboniferi e ha interrotto distruttive operazioni di pesca (solo per citare alcune azioni compiute grazie a questa nave).

UN’ICONA DELLA NON VIOLENZA

Tutte le navi di Greenpeace sono speciali, ma la Rainbow Warrior ricopre un ruolo chiave nelle varie campagne.

“Da quando è salpata per la prima volta nel 1978, la Rainbow è stata in prima fila nelle battaglie non violente contro gli abusi ambientali”, ha affermato Kumi Naidoo, Direttore Esecutivo di Greenpeace International, durante la cerimonia di posa della chiglia tenutasi il 10 luglio 2010 – in occasione del 25esimo anniversario del sabotaggio subito dalla prima Rainbow Warrior. “È un’icona delle azioni dirette non violente e un faro di speranza per milioni di persone in tutto il Pianeta”, ha continuato Naidoo.

Oggi la nuova Rainbow arriva in Italia per la prima volta, in occasione del “Non è un Paese per fossili” tour. Per porsi al fianco di cittadini e comitati civici che si oppongono all’uso di fonti energetiche obsolete e inquinanti. Per colorare con il suo arcobaleno un presente di fonti sporche, per promuovere un futuro di energie pulite e rinnovabili.

 

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