Solo un folle può affermare che la città di Reggio Calabria sia completamente guarita dal “cancro” della criminalità, certamente non sarà un reggino a farlo. Ma quello stesso reggino potrebbe -alle volte- avere uno scatto d’orgoglio e rispondere alla cantilena del “vivi in una città di mafiosi, ostaggio degli stessi” finalmente reagendo.
Anche ieri, infatti, la città di Reggio Calabria non ha mancato all’appuntamento quotidiano di “distruzione” della propria credibilità sui mass media nazionali, che hanno dato risalto alle forti parole pronunciate da Don Luigi Ciotti, Presidente nazionale di Libera, e da Vittorio Sgarbi, in qualità di ambasciatore ‘alle belle arti’ della Regione Lombardia per l’Expo del 2015 a Milano.
Entrambi, pur parlando di argomenti diversi l’uno del Ponte sullo Stretto l’altro dei Bronzi di Riace, non si sono lasciati sfuggire la ghiotta occasione di tirare in ballo la principale “attrazione” della nostra città, la ‘ndrangheta.
Per don Luigi Ciotti “fortunatamente il Ponte sullo Stretto non si fa, anche perchè non avrebbe unito tanto due coste, ma sicuramente avrebbe unito due cosche” e rincara Sgarbi con “i Bronzi di Riace sono “ostaggio della ‘ndrangheta” rappresentata dagli interessi delle istituzioni locali e del “pregiudizio che siano inamovibili“.
Ecco, adesso il reggino -quello di qualche anno fa almeno- si sarebbe seriamente incazzato. E magari al Don Ciotti o allo Sgarbi di turno- sempre qualche anno fa – avrebbe risposto: “Ok, qui a Reggio c’è la ‘ndrangheta e neppure lo Stato è riuscita finora a sconfiggerla. Ma Lei mi sta dicendo che siamo incapaci di realizzare una grande opera o di sfruttare il nostro patrimonio artistico senza la longa manus della criminalità? E dunque per questo cancro che ci affligge siamo condannati a vivere nel Medioevo?“
Oggi, invece, il reggino incassa il colpo e tace. Come ha fatto la scorsa settimana con Ernesto Galli della Loggia, che dalle pagine del Corsera aveva proposto la sua soluzione per tutelare gli interessi dei calabresi onesti: “Meglio un prefetto da Roma piuttosto che un miserabile politicante da Reggio“.
Ma ciò che perplime maggiormente è che oltre alla cittadinanza, sopraffatta e impotente dopo due anni di commissariamento, neppure coloro che sono stati definiti “miserabili politicanti” e che dovrebbero essere i politici reggini (passati, presenti e futuri) sono intervenuti. O forse essendo una domenica d’estate neppure hanno letto quell’editoriale contro di loro in attesa di riscoprirsi paladini della città sotto il sole autunnale ed elettorale?