Riprendiamo la nostra indagine documentaria sulla storia del quartiere di Modena muovendo quest’oggi invece dalla testimonianza documentaria cui accennavamo nell’articolo precedente: parliamo infatti di un documento pubblicato nella Biblioteca Vaticana nel 1974 su iniziativa dello studioso e filologo francese Andre Guillou: egli infatti, specializzato specificamente in tutto quanto riguarda atti documentari o testimonianze sulla presenza greca in Calabria, riuscì a rintracciare ad inizio novecento un importantissimo deposito cartaceo nelle proprietà della nobile famiglia Capialbi di Vibo Valentia, proveniente tuttavia con tutta probabilità da un qualche antico archivio ecclesiastico calabrese: si trovava infatti di fronte ad un vero e proprio archivio catastale della zona datato 1050, scritto interamente in greco, nel quale, fra i tanti, spiccava il nome della località di Mo???? (Modena, Modena): ed ecco a voi che ciò ci attesta l’esistenza di tale etimo già nell’XI secolo d.C. Inoltre, questa importantissima fonte documentaria sostiene le altre tesi relative alla radice del nome di “Modena” connessa con i gelsi, dal momento che parla delle svariate coltivazioni qui avviate di questa coltura, e che in questo periodo raggiungevano all’incirca il loro culmine produttivo (donde, ricordiamo, “Morina“, poi traslato in “Modena”). Passiamo tuttavia oltre questa importantissima fonte documentaria, grazie alla quale abbiamo chiuso il cerchio relativamente alle indagini sulla radice etimologica di questo termine, ed andiamo alla storia vera e propria. Senza ombra di dubbio, le alture dove ora sorge il quartiere di Modena davano vita a svariati sentieri per mezzo dei quali si saliva in Aspromonte, e dunque queste stesse collinette dovevano essere frequentate già da tempi remoti: erano infatti divenute una sorta di “ospizio” per ospitare tutti i viandanti di queste strade. Intorno a queste strade, ad ogni modo, sorse intorno al XII secolo un santuario domenicano, nello stesso luogo in cui ora c’è invece la casa d’accoglienza “dono di pace”: essa fu dunque proprio per questo il primo nucleo religioso di questa zona, cui segui, poco dopo, la celebre chiesa, do cui però parleremo dopo. Innanzitutto, ricordiamo primariamente come tutta la zona limitrofa all’attuale quartiere sia sempre stata di notevolmente umida, e come ciò abbia comportato un’altra preziosa ipotesi sull’etimologia di questa località: dalla radice greca mudos o mudinos, indicante l’umidità. E la zona di Modena non è sicuramente una zona di aridità! Ma andiamo un po’ oltre, e vediamo come invece, ben più importante, sia nato il celeberrimo santuario mariano. Innanzitutto analizziamo un attimino il dipinto, ed iniziamo a chiederci a che età possa mai risalire.
Il quadro ritrae infatti una Madonna in trono con bambino ritto sulle sue gambe, e presenta alcune caratteristiche iconografiche tipicamente bizantine, quali il velo in testa o la presenza di una stella all’omero destro (quella all’omero sinistro è invece coperta dal bambino), scomparsa tuttavia a causa di un rifacimento successivo; altra caratteristica tipicamente bizantina è poi il fatto che Gesù benedica con la mano destra, all’uso orientale, e che con la sinistra tenga un fiore che un tempo doveva essere il rotolo del Vangelo; parlando invece degli angeli, notiamo come essi siano un’aggiunta posteriore, e che all’origine dovevano essere ciascuno recante seco i simboli della passione, quali croce, flagelli, asta per l’aceto, lancia del soldato. Ma passiamo ora al celeberrimo mito relativo alla sacra effigie: si narra infatti che questo dipinto si trovava presso la casa di un turco che, però, lo disprezzava profondamente, e su di esso posava, in segno di assoluto sprezzo, brocche d’acqua e cibo; c’era però una serva di questo turco che era cattolica fervente (a causa del fatto che era calabrese) ed ogni sera, dopo che il padrone andava a letto, andava in cucina a ripulire il quadro, ed a pregarlo. Finchè però un bel giorno la Madonna le parlò, e la esortò a partire sotto la sua protezione alla volta dell’Italia; e così fece: imbarcatasi infatti su una nave cristiana, navigò sulle acque del Mediterraneo e raggiunse la foce del Sant’Agata, dove la barca, a causa di vari temporali, dovette arrestarsi; la giovane capì dunque che era lì che la madonna voleva fermarsi; ed i marinai lanciarono tre colpi di cannone, che però si raccolsero tutti in un unico punto dove, in seguito, sarebbe sorto il santuario, divenuto peraltro in seguito meta di tanti pellegrinaggi, culminanti nella
Continuiamo ora questo nostro viaggio nel tempo passando ora a parlare di ciò che attualmente noi conosciamo di Modena: la chiesa ed il cimitero. Innanzitutto, ricordiamo primariamente come tutta la zona limitrofa all’attuale quartiere sia sempre stata una zona notevolmente umida, e come ciò abbia comportato un’altra preziosa ipotesi sull’etimologia di questa località: dalla radice greca mudos o mudinos, indicante l’umidità. E la zona di Modena non è sicuramente una zona di aridità! Ma andiamo un po’ oltre, e vediamo come invece, ben più importante, è nato il celeberrimo santuario mariano. Innanzitutto analizziamo un attimino il dipinto, ed iniziamo a chiederci a che età possa mai risalire. Il quadro ritrae infatti una Madonna in trono con bambino ritto sulle sue gambe, e presenta alcune caratteristiche iconografiche tipicamente bizantine, quali il velo in testa o la presenza di una stella all’omero destro (quella all’omero sinistro è invece coperta dal bambino), scomparsa tuttavia a causa di un rifacimento successivo; altra caratteristica tipicamente bizantina è poi il fatto che Gesù benedica con la destra all’uso orientale, e che con la sinistra tenga un fiore che un tempo doveva essere il rotolo del Vangelo. Parlando invece degli angeli, notiamo come essi siano un’aggiunta posteriore, e che all’origine dovevano essere ciascuno recante seco i simboli della passione, quali croce, flagelli, asta per l’aceto, lancia del soldato; peraltro, se la Madonna di Modena fosse caratterizzata dalla presenza di tutti questi simboli, avrebbe potuto essere a pieno titolo denominata con l’appellativo greco-bizantino di kardiotissa. Ma passiamo ora al celeberrimo mito relativo alla sacra effigie: si narra infatti che questo dipinto si trovava presso la casa di un turco che, però, lo disprezzava profondamente, e su di esso posava brocche d’acqua e cibo; c’era però una serva di questo turco che era cattolica fervente (a causa del fatto che era calabrese), ed ogni sera, dopo che il padrone si andava a coricare, lei andava in cucina a ripulire il quadro, ed a pregarlo. Finchè però un bel giorno la Madonna le parlò, e la esortò a partire sotto la sua protezione alla volta dell’Italia; e così fece. Imbarcatasi infatti su una nave cristiana, navigò con costoro sulle acque del Mediterraneo, raggiunse la foce del Sant’Agata, dove la barca, a causa di vari temporali, dovette arrestarsi; la giovane capì dunque che era lì che la madonna voleva arrestarsi; ed i marinai lanciarono tre colpi di cannone, che però si raccolsero tutti in un unico punto dove, in seguito, sarebbe sorto il santuario, divenuto in seguito meta di tanti pellegrinaggi, culminanti nella
Continuiamo ora questo nostro viaggio nel tempo passando ora a parlare di ciò che attualmente noi conosciamo di Modena: la chiesa ed il cimitero. Innanzitutto, ricordiamo primariamente come tutta la zona limitrofa all’attuale quartiere sia sempre stata una zona notevolmente umida, e come ciò abbia comportato un’altra preziosa ipotesi sull’etimologia di questa località: dalla radice greca mudos o mudinos, indicante l’umidità. E la zona di Modena non è sicuramente una zona di aridità! Ma andiamo un po’ oltre, e vediamo come invece, ben più importante, è nato il celeberrimo santuario mariano. Innanzitutto analizziamo un attimino il dipinto, ed iniziamo a chiederci a che età possa mai risalire. Il quadro ritrae infatti una Madonna in trono con bambino ritto sulle sue gambe, e presenta alcune caratteristiche iconografiche tipicamente bizantine, quali il velo in testa o la presenza di una stella all’omero destro (quella all’omero sinistro è invece coperta dal bambino), scomparsa tuttavia a causa di un rifacimento successivo; altra caratteristica tipicamente bizantina è poi il fatto che Gesù benedica con la destra all’uso orientale, e che con la sinistra tenga un fiore che un tempo doveva essere il rotolo del Vangelo. Parlando invece degli angeli, notiamo come essi siano un’aggiunta posteriore, e che all’origine dovevano essere ciascuno recante seco i simboli della passione, quali croce, flagelli, asta per l’aceto, lancia del soldato; peraltro, se la Madonna di Modena fosse caratterizzata dalla presenza di tutti questi simboli, avrebbe potuto essere a pieno titolo denominata con l’appellativo greco-bizantino di kardiotissa. Ma passiamo ora al celeberrimo mito relativo alla sacra effigie: si narra infatti che questo dipinto si trovava presso la casa di un turco che, però, lo disprezzava profondamente, e su di esso posava brocche d’acqua e cibo; c’era però una serva di questo turco che era cattolica fervente (a causa del fatto che era calabrese), ed ogni sera, dopo che il padrone si andava a coricare, lei andava in cucina a ripulire il quadro, ed a pregarlo. Finchè però un bel giorno la Madonna le parlò, e la esortò a partire sotto la sua protezione alla volta dell’Italia; e così fece. Imbarcatasi infatti su una nave cristiana, navigò con costoro sulle acque del Mediterraneo, raggiunse la foce del Sant’Agata, dove la barca, a causa di vari temporali, dovette arrestarsi; la giovane capì dunque che era lì che la madonna voleva arrestarsi; ed i marinai lanciarono tre colpi di cannone, che però si raccolsero tutti in un unico punto dove, in seguito, sarebbe sorto il santuario, divenuto in seguito meta di tanti pellegrinaggi, culminanti nella caratteristica festa della prima domenica di Maggio, in cui tutti inneggiano alla Santissima “Maronna i Morina”!