“In merito alla notizia pubblicata sul sito della Regione Calabria in data 22-09-2014 con cui l’Assessore regionale (o provinciale?) alla Cultura Mario Caligiuri ha insediato il Comitato regionale dell’Unesco, rispetto a un’operazione tanto importante come quella di tentare di valorizzare il patrimonio culturale calabrese, o almeno quegli elementi che si presuppongono avere un eccezionale interesse, ci poniamo una serie di domande”. E’ quanto scrive Lucia Della Spina, Responsabile Scientifico Osservatorio Siti UNESCO “A. Tomaszeski”.
– Quali criteri sono stati adottati per la selezione dei membri?
– Come mai sembra non figurare neanche un rappresentante dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria?
Altro interrogativo che ci lascia perplessi è: sulla base di quali “criteria” e metodo sono stati selezionati i beni ambientali e culturali menzionati nella nota, di cui promuovere una possibile candidatura UNESCO?
I siti/beni sono già il frutto del lavoro del Comitato (quindi da quanto tempo è operativo?) o sono frutto di scelte politiche dell’assessore che il Comitato è chiamato ad avallare?
Il primo dato che balza agli occhi, infatti, anche ai ‘non addetti ai lavori’, è sicuramente la provenienza dei beni che si vuole valorizzare – dice ancora Della Spina: possibile che tutti i beni menzionati nella nota e dichiarati di eccezionale interesse siano localizzati in prevalenza nella provincia di Cosenza e solo uno in provincia di Catanzaro – di una regione definita dallo stesso Assessore Caligiuri come una regione che “conferma la sua natura culturale”.
È mai possibile che non via sia alcun bene, nelle altre province Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, meritevole quantomeno di una prima fase di indagine e di attenzione della commissione UNESCO che si è appena insediata?
E ovviamente la Varia e le minoranze linguistiche non fanno testo, visto che la prima ha già ottenuto il riconoscimento senza alcun merito dell’assessore e l’altra potrebbe essere tutt’al più una candidatura seriale a prevalente “trazione” cosentina…
Ma soprattutto siamo certi che non vi sia alcun “conflitto di interesse” nel candidare beni privati con strane omonimie? Se Berlusconi comprasse il Colosseo, diventerebbe “Teatro Silvio”?
Infine, come è possibile che a nessuno venga in mente prima di avviare un percorso di candidatura UNESCO, di verificare se esistono i prerequisiti prima accennati per l’inserimento nella lista UNESCO di beni naturalistici quali, solo a titolo esemplificativo e non esaustivo, la woodwardia radicans, rara felce gigante, la cui origine risale al periodo terziario e tra i beni materiali i Bronzi di Riace, considerati tra i capolavori scultorei dell’arte greca, e meritevoli di inserimento nelle liste UNESCO quantomeno per l’eccezionale stato di conservazione in cui ci sono pervenuti.
Possibile – conclude – che la “commissione di esperti” non si renda conto della illogicità di mandare avanti tante candidature di beni simili che si faranno concorrenza tra di loro una volta arrivate sul tavolo della commissione nazionale UNESCO?