Il Parco dello Stirone, dove la natura diventa strumento dell’antimafia. E l’Aspromonte? [VIDEO]

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Come la natura può farsi strumento di legalità? Troviamo un esempio eminente a Parma, dove, all’interno del Parco dello Stirone, sorge un bene confiscato alla mafia. Questa struttura viene utilizzata per realizzare un Centro di Recupero per la fauna selvatica e per i campi estivi dedicati ai giovani volontari di Libera.

La natura sembra richiamare da sempre il concetto di libertà. La libertà è qualcosa che in qualche modo viene limitata, ostacolata dalla mafia. La libertà di essere, di scegliere, se c’è sempre chi ci scavalca perché ha una spalla “amica” pronta a “raccomandare” e a chiedere “favori“. Libertà da una mentalità che, come spiega Sergio Tralongo, responsabile del Parco, durante una sua intervista realizzata per la produzione del film\documentario “Muro Basso”, è molto radicata e non solo al Sud.

Ecco come un parco naturale può diventare veicolo educativo dell’antimafia e strumento utile nelle scuole per rafforzare l’educazione alla legalità, così come previsto nel 1993 dal Ministero della Pubblica Istruzione. Il Parco fluviale regionale dello Stirone (spesso chiamato anche solo Parco dello Stirone), è un parco naturale fluviale dell’Emilia Romagna, posizionato fra le Province di Piacenza e Parma. L’attuale parco è stato istituito nel 2011 ed è frutto dell’unione di due aree protette già esistenti: il “Parco fluviale dello Stirone” e la “Riserva naturale geologica del Piacenziano”. Il suo obiettivo primario è la tutela e la salvaguardia dell’alveo del torrente Stirone e dell’ecosistema che lo circonda, con una particolare attenzione alla protezione delle aree fossilifere che affiorano lungo il corso del torrente stesso e nei siti dell’ex Riserva.

“Una sorta di ospedale per animali, nella fattispecie rapaci. Il centro – racconta Tralongo – ha una storia particolare perché si trova in un’area confiscata alla mafia ed è stato quindi abbastanza naturale iniziare una collaborazione con Libera”, un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità.

Come nelle cooperative agricole i volontari del campo di Libera danno una mano a curare gli animali del centro, un lavoro molto utile in termini di risorse. “Ci siamo resi conto che lavorare in un parco – spiega Tralongo nell’intervista – vuol dire lavorare a favore della legalità, nel settore ambientale, che tra l’altro è uno dei settori che dà più spazio alla mafia, e in generale alla criminalità”.

Il pretesto per ribadire con ancora più forza il bisogno di legalità, lo racconta Tralongo, si è presentato quando il Centro è stato tacciato di eccessiva rigidità nell’applicazione delle leggi. Così la voglia di legare la natura e di trovare la reale connessione tra essa e la libertà di pensare e agire è diventata elemento fondamentale. Un parco può farsi costantemente promotore di educazione alla legalità, proprio affiancando e integrando l’attività di soggetti come Libera.

Quando si fa più forte il bisogno di legalità e il senso del rispetto della legge in un luogo come il Parco dello Stirone? Come spiega Tralongo, anche se appare quasi come un luogo selvatico, il parco è una zona “dove ci sono fortissime attività umane, e quindi fortissime pressioni sul territorio, quindi è abbastanza facile che il lavoro di conservazione dell’ambiente che si porta avanti, magari con molti anni di fatica, venga letteralmente distrutto in pochi giorni da interventi non autorizzati o interventi abusivi, anche se ci si trova all’interno di un parco”.

In questo modo si rovescia letteralmente una visione che vede tale tendenza come una caratteristica prettamente meridionale. Certe realtà, invece – e lo si apprende dalla testimonianza del responsabile del Parco – trovano terreno propizio anche in altri luoghi, e dove questo è molto fertile mette radici, spesso consolidandosi, e spezzando la continuità di quel “bulbo” raro che serve per alimentare l’albero della legalità. Uno spirito d’osservazione, quello di Tralongo, che proviene dalle sue origini: nato a Reggio Calabria, ha potuto constatare come certi favoritismi non siano “appannaggio” esclusivo del Sud e come possano benissimo svilupparsi in una città del Nord. “Io ho fatto il direttore di un parco per 18 anni, si ha a che fare molto spesso con la violazione delle norme, non solo interne al parco, ma anche comunitarie, statali e regionali, mentre nell’ente c’è maggiore attenzione e controllo” sottolinea.

Chiudiamo gli occhi e immaginiamo un parco come un microcosmo, un “insieme di regole” (come lo definisce Tralongo) che gestiscono il territorio, per garantire la conservazione delle ricchezze naturali.  Se poi per un momento pensassimo a tutelare noi stessi e la nostra terra come se fosse il “nostro” parco naturale, forse ci sentiremmo più coinvolti, con spontaneità saremmo più rispettosi di quelle “leggi” indispensabili che ci servono per vivere e vivere bene, senza le quali ogni cosa andrebbe incontro allo sfacelo e al disordine. Mentre l’ordine e il decoro della natura possono ancora insegnarci qualcosa.

Ecco il video dell’Intervista a Sergio Tralongo, responsabile del Parco dello Stirone (Parma).  Il video fa parte del progetto di educazione antimafia del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.

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