Le verità di Mazzarri e l’isterica ingratitudine di Reggio Calabria, città dalla memoria corta

StrettoWeb

Tiene banco in queste ore a Reggio Calabria la polemica sulle dichiarazioni di Walter Mazzarri, attuale allenatore dell’Inter, in riferimento al suo periodo alla Reggina, prima squadra di serie A allenata dal tecnico di San Vincenzo.
Il tecnico livornese dopo la trasferta nerazzurra a Cesena ha risposto così alle domande dei giornalisti che gli chiedevano se temesse i fischi del Meazza: “non temo i fischi, da altre parti avevo pressioni anche quando andavo in giro per strada, mi ricordo a Reggio Calabria avevo la polizia che mi scortava a casa, dopo un derby perso col Messina mi tiravano bastoni, quindi ne ho passate di tutti i colori” (in coda all’articolo il video completo).

Mazzarri si riferisce chiaramente al 31 ottobre 2004. Era il primo anno del mister in amaranto e non era visto di buon occhio dai tifosi. La Reggina navigava in brutte acque, al contrario dei rivali siciliani, lanciatissimi al settimo posto. La città reagì male a quella sconfitta nel primo derby tra le due squadre in serie A (qui tutte le foto di quel fatidico 2-1 allo stadio San Filippo) e contestò duramente il mister che si trovò, appunto, costretto ad essere scortato. Dopo quella partita, infatti, ci fu tensione tra gli Ultras e il pullman della squadra durante il ritorno a Reggio, i tifosi chiedevano la testa del mister, volevano che Foti lo cacciasse via nonostante fosse arrivato a Reggio soltanto da pochissimo tempo. Per un’intera settimana, il Sant’Agata fu blindato e gli allenamenti si svolgevano con il presidio della Polizia. Mazzarri, quindi, racconta una verità
A testimonianza di ciò, proponiamo anche un estratto del suo libro “Il Meglio Deve Ancora Venire” scritto in collaborazione con il giornalista Sky Alessandro Alciato:

Dopo un derby perso a Messina Foti pensò di licenziarmi. Avevamo giocato benissimo però eravamo finiti dentro un pessimo arbitraggio. Alla nona di campionato i tifosi erano inferociti, mi attribuivano colpe che non avevo. Durante il viaggio di ritorno sul traghetto mi hanno contestato tirandomi una scopa, come se volessero eliminare chissà quale cumulo di polvere dalla loro squadra. Arrivati al Sant’Agata, il nostro centro di allenamento, ho ripreso la macchina e la Polizia mi ha scortato fino a casa. La notte è passata insonne, intanto tutti bombardavano Foti di consigli: “Mandalo a casa”, “Ci porterà in Serie B”. “Presidente, hai sbagliato ancora una volta la scelta”. L’allenamento era previsto per il pomeriggio del giorno successivo, l’ho spostato al mattino per evitare la contestazione dei tifosi, era la settimana che ci avrebbe portato a sfidare l’invincibile Juventus di Fabio Capello. Alla squadra ho fatto un discorso lungo nemmeno un minuto: “Non me ne frega nulla di tutto quello che ci hanno detto dopo la partita contro il Messina, abbiamo giocato benissimo”. Poi ho fatto chiamare Foti, gli ho comunicato che prima di prendere qualsiasi decisione avrebbe dovuto riguardare la partita insieme a me. Ho costretto il presidente a farlo, era una cosa nuova per lui e infatti si voleva rifiutare. Gli ho spiegato ogni cosa davanti al videoregistratore, azione per azione, minuto per minuto. Fermavo le immagini, le rimandavo indietro, era un replay continuo. “Mazzarri grazie. Oggi ho visto un’altra partita. Ho capito, vada avanti per la sua strada. Non la manderò mai via”. “Se lei è un presidente intelligente, e se vuole crescere, non si può basare sul risultato.” “Non ascolti nessuno, mister, e continui così”. Contro la Juventus alla fine abbiamo vinto noi. E, a quanto si dice, Moggi avrebbe chiuso l’arbitro Paparesta dentro lo spogliatoio. Se fosse vero, non l’avesse fatto lui lo avrei fatto io per la felicità. Su quell’episodio ad un certo punto mi hanno chiamato dalla Procura di Napoli per testimoniare: “Ma voi sapete che io dopo una vittoria del genere impazzisco? Pensavo a tutt’altro, mica all’arbitro”. Da Reggio Calabria me ne sono andato al termine della terza stagione. In curva campeggiava uno striscione in mio onore: “Santo subito”: Ma con i santi non si scherza. Si rispettano, in silenzio“.

Dopo le dichiarazioni di domenica, la città di Reggio Calabria si è infuriata con Mazzarri, dimenticandosi quanto l’ex allenatore del Napoli ha dato alla Reggina, regalandole tre salvezze consecutive, tra cui una letteralmente miracolosa nonostante i 15 punti di penalizzazione con una squadra su cui nessuno a inizio stagione avrebbe scommesso un centesimo, tranne il mister appunto che ha saputo tirar fuori il massimo da un organico modesto. E’ stata la stagione più esaltante di sempre per la Reggina. Il toscano è stato, molto probabilmente, l’allenatore più importante della storia amaranto, alla luce dei risultati conseguiti e dello spirito d’appartenenza che ha dimostrato in quegli anni. S’è messo addosso la maglia di Reggio Calabria e della Reggina e non se l’è mai sfilata, al punto da meritarsi il prestigioso riconoscimento di “cittadino onorario”. Quando è andato via, i tifosi lo supplicavano di rimanere e gli cantavano “Mazzarri Sindaco”. E, anzi, ancora adesso il fatto che cita spesso e volentieri la Reggina, dimostra quanto sia stato indelebile nella sua vita quel momento in riva allo Stretto, tra 2004 e 2007. Nonostante quell’inizio burrascoso è poi riuscito a farsi amare da tutti, prendendosi le sue rivincite sul campo, regalando infine ai tifosi amaranto le due vittorie più belle e schiaccianti nei derby contro il Messina, il 3-0 del 30 aprile 2006 e il 3-1 del 17 aprile 2007, coincise con due salvezze amaranto e due retrocessioni dei peloritani.  Domenica Mazzarri ha semplicemente riportato un fatto realmente accaduto esattamente 10 anni fa, cosa che quindi non può assolutamente compromettere quello che è stato il rapporto tra lui, la città e la Reggina.

Piuttosto a Reggio l’ambiente farebbe bene a concentrarsi sull’attuale momento drammatico della Reggina che ha bisogno del supporto e della vicinanza dei propri tifosi in una stagione chiave in cui deve a tutti i costi mantenere la propria presenza nel calcio professionistico. Andare istericamente a voler riscrivere pagine di storia e cancellare i momenti più belli che appartengono alla memoria di tutti i tifosi e gli appassionati amaranto è la cosa peggiore da poter fare, oltre che controproducente.

Condividi