In Italia il tasso di motorizzazione è di 608,1 autovetture ogni 1.000 abitanti. Se si considerano tutti gli autoveicoli (aggiungendo quindi alle autovetture anche autobus, autocarri e autoveicoli speciali) si arriva a 685,7 veicoli in circolazione ogni 1.000 abitanti. Prendendo in considerazione le sole autovetture, sottolinea il Centro Studi Continental, il dato italiano risulta superiore alla media europea, che secondo Acea (l’associazione dei costruttori automobilistici europei) è di 487 auto ogni 1.000 abitanti. Non solo: nell’ambito dell’Unione Europea il dato italiano è inferiore solo a quello del Lussemburgo (663 auto ogni 1.000 abitanti) ed è maggiore di quello tedesco (539), di quello francese (512), di quello spagnolo (476) e di quello del Regno Unito (464).
La ricerca del Centro Studi Continental riporta anche un prospetto sul tasso di motorizzazione nelle altre regioni italiane. Ne risulta che la regione italiana con il maggior tasso di motorizzazione è la Valle d’Aosta, dove circolano 1051,3 autovetture ogni 1.000 abitanti. Questo dato, però, non risponde alla situazione reale perché è fortemente condizionato dal fatto che in Valle d’Aosta negli anni passati erano in vigore condizioni particolarmente vantaggiose per l’immatricolazione di nuove autovetture, condizioni che hanno determinato una crescita abnorme del parco circolante e quindi una distorsione dei dati reali. Questo è accaduto, anche se in maniera minore, anche in Trentino Alto Adige (710), regione che si trova al secondo posto della graduatoria. Al terzo posto, poi, vi è l’Umbria (682,4), che è la regione che ha veramente il tasso di motorizzazione più alto, seguita da Molise (643,2) e Marche (639,6). In coda a questa classifica, e quindi con il minor rapporto tra autovetture circolanti e abitanti, vi sono Veneto (602,4), Lombardia (587,9), Campania (569,5), Puglia (549,9) e Liguria (522,7).
Cosa emerge, dunque, da questa imponente mole di dati? Principalmente che in Italia non si può fare a meno dell’auto. Questo perché i trasporti pubblici non funzionano in maniera adeguata e non garantiscono la stessa libertà di movimento dell’auto. E poi anche perché la crisi economica ha innescato un processo di allontanamento dei centri cittadini (troppo cari) e di spostamento non solo verso la prima, ma anche verso la seconda e la terza periferia. Ma come ci si reca da casa, in periferia, al lavoro? O come si portano i figli a scuola? Nella grande maggioranza dei casi in auto. Con auto vecchie, però, o almeno molto più vecchie, come si è visto, di quelle che circolano in Europa. Questo non è un dato da trascurare: auto più vecchie, infatti, sono meno sicure e hanno maggiori emissioni di sostanze nocive.
Da tutto questo risulta che, se nel nostro Paese si vuole aumentare la sicurezza stradale e diminuire il livello delle emissioni di sostanze nocive c’è solo una cosa da fare: accelerare il ricambio delle auto più vecchie ancora in circolazione. Si tratta di un processo che sta diventando sempre più urgente, e che porterebbe anche importanti benefici economici, in termini di posti di lavoro salvati o recuperati nel settore della distribuzione automobilistica, che è in forte sofferenza a causa della crisi. Le proposte da parte delle associazioni del settore automobilistico alle istituzioni per agevolare il processo di ricambio del parco circolante non mancano.