Messina: erosione delle coste, i Pdr concordano sulle linee d’intervento discusse ieri dall’ordine degli Ingegneri

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Non so se è effetto dello Sblocca Italia o di un’improvvisa specifica ricchezza, ma negli ultimi mesi si sono risvegliati numerosi progetti di difesa delle coste dall’erosione che giacevano sopiti da 1-2 lustri: prima a Santa Maria del Focallo (Ispica), poi a Santa Teresa Riva (ME), quindi a Messina città (con quattro progetti per 17 milioni di Euro) e infine ancora nel Ragusano alla foce dl fiume Irminio.” 

Sono le parole del prof. G. Randazzo al seminario organizzato dall’Ordine degli Ingegneri di Messina ieri 15 dicembre e condivise dal PATTO DEI DEMOCRATICI PER LE RIFORME.

Sono tutti progetti che prevedono opere rigide a protezione di un “falso” ripascimento artificiale. Sono tipologie concettuali che derivano dai progetti, realizzati nell’ambito del PON 2000-2006, di cui abbiamo potuto osservare, nel corso degli ultimi anni, il fallimento parziale o totale come a Caucana, dove la spiaggia è stata snaturata, trasformandola da un tappeto sabbioso, quarzoso in una pietraia di ghiaietto carbonatico o a Sant’Alessio, dove ancora si buttano milioni di Euro nella speranza di tenere in piedi un lungomare oggettivamente troppo “invadente” per la morfologia del tratto di costa, o come addirittura a Sant’Agata di Militello dove la barriera sommersa, realizzata con sacchi riempiti di sedimenti, è addirittura scomparsa.”

Il fallimento non è comunque da imputare solo alla cattiva progettazione, molte responsabilità sono da attribuire soprattutto all’assenza di un successivo sistema di monitoraggio dell’intervento e di gestione della spiaggia.
Nello specifico i progetti hanno evidenziato le seguenti problematiche:
1 la parte relativa al ripascimento non superava il 10% dell’intero importo e di fatto serviva a mala a pena per consegnare all’amministrazione un tot di spiaggia che risultava stabile;
2 la parte rigida dell’intervento, costituita, nelle soluzioni più illuminate, da barriere sommerse, ma più frequentemente da obsoleti pennelli, mini – pennelli, isole e barriere frangiflutti, in ogni caso spostava il processo erosivo sottoflutto, producendo danni in aree una volta stabili (come si era già osservato a valle degli interventi degli anni ’80);
3 in quei progetti in cui si era correttamente prevista la ricarica annuale dell’iniziale intervento di ripascimento, hanno visto frustrata la loro giusta visione programmatica dall’assoluta incapacità delle amministrazioni locali nella gestione del proprio territorio.

Per tutte queste ragioni, negli ultimi anni si è fatta strada una nuova filosofia di interventi che sono mirati alla individuazione delle cause dell’erosione e alla sottrazione di quegli elementi rigidi che l’hanno causata.
Questo soprattutto tenendo anche in conto che le nostre coste sono soggette a condizioni sempre più severe da parte di mareggiate talvolta molto violente e che in generale, in futuro, dovremo fare i conti con l’innalzamento del livello del mare già evidente in altre parti del globo.
Inoltre si è presa coscienza che il miglior sistema per proteggere le spiagge è quello di restituirgli la propria naturale resilienza, facendo in modo che possano avere un comportamento elastico durante l’attacco delle onde e possano successivamente riacquistare naturalmente, il proprio profilo di equilibrio.
Alla luce di queste osservazioni, la progettazione oggi proposta, sula base di progetti preliminari o su vecchi esecutivi, risulta obsoleta, in quanto ispirata a quei principi che oggi sappiamo poco efficaci.”

Per raggiungere questa condizione bisognerebbe agire su tre fronti:
1 individuare le azioni che hanno innescato il processo erosivo: questo è un esercizio che qualsiasi conoscitore della fascia costiera può fare senza alcuna difficoltà e con pochissimo margine d’errore;
2 nell’area in erosione, intervenire limitando la rigidità delle strutture che fanno da interfaccia tra spiaggia e tessuto urbano: per esempio un primo intervento dovrebbe essere quello di modificare i muri di sostegno di strade e lungomari, dandogli un angolo di inclinazione di 30-40°, e rendendoli “ruvidi”, con una superficie e irregolare, in modo da smorzare l’onda che li raggiunge nel corso delle tempeste più violente;
3 realizzare interventi commisurati con la valenza della spiaggia, evitando un unico costoso sistema di protezione per ogni tipo di arenile: bisogna distinguere tra le spiagge finalizzate alla balneazione turistica che attrae turisti e che diventa un biglietto da visita per l’Isola da quelle che devono resistere per assicurare la sussistenza degli edifici e delle strutture retrostanti;
4 intervenire, dove necessario ed economicamente redditizio, solo con ripascimenti artificiali non protetti, prevedendo, ab initio, un programma di gestione pluriennale: si è visto che le amministrazioni locali sono incapaci di eseguire questa gestione, quindi sarebbe opportuno dare all’impresa aggiudicatrice l’onere del primo intervento e per esempio la responsabilità del mantenimento per il successivo decenni a fronte di un canone annuale che dovrebbe far parte dell’appalto iniziale.”

“In un mondo normale, queste sono azioni di puro buon senso che andrebbero inquadrate nell’ambito di un Piano di Gestione Coste Regionale, basato su dati oggettivi certi che potrebbero essere acquisiti da una Cabina di Regia centrale, attingendo ai Piani di Utilizzo del Demanio Marittima (PUDM) e dalla correlata Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che tutti i comuni costieri Siciliani sarebbero stati tenuti a produrre dal 2006 e che ancora risulta una normativa lacunosamente applicata.
Sempre nell’ambito della VAS andrebbe avviato un sistema di monitoraggio costiero che servirebbe per conoscere costantemente lo stato di evoluzione del territorio ed eventualmente valutare l’azione di implementazione dell’intervento di ripascimento affidato ai privati.
In questo modo, le amministrazione locali applicando la normativa vigente e la Regione Siciliana, praticamente a costo zero potrebbe dotarsi di un Piano di Gestione Coste attualizzato e implementabile, che dovrebbe rappresentare il punto di partenza per qualsiasi successivo intervento di gestione appunto, e non di protezione, delle coste.”

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