Reggio, l’imprenditore De Masi sul palco: “le banche mi fanno chiudere”

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Con i nostri comportamenti omertosi, con la nostra collusione con i padroni di turno, abbiamo contribuito alla distruzione di questa terra. La colpa non e’ degli altri, e’ nostra, perche’ abbiamo subito in silenzio i potenti di turno, quelli mafiosi e della politica“. Lo ha detto Antonino De Masi, l’imprenditore della Piana di Gioia Tauro minacciato dalla ‘ndrangheta e che ha annunciato la chiusura delle proprie aziende per mancanza di liquidita’ dopo le denunce di numerosi istituti di credito per usura, intervenendo a Reggio Calabria alla manifestazione indetta da Cgil e Uil. La vicenda delle aziende di De Masi e’ stata ricordata nella manifestazione di Torino dalla leader della Cgil, Susanna Camusso. L’imprenditore ha annunciato la convocazione a Roma, per il prossimo giovedi’, dopo due telefonate ricevute ieri dal presidente della Giunta regionale calabrese Mario Oliverio e dal Ministro per gli Affari regionali Maria Carmela Lanzetta. “Speriamo – ha affermato – che sia una convocazione utile”. “Sono qui – ha aggiunto De Masi – perche’ sono un testardo che intende combattere fino alla fine perche’ sono convinto che abbiamo la dignita’, la forza, l’intelligenza, l’orgoglio di poter dimostrare le persone per ben che siamo. Uniamoci, lavoratori ed imprenditori, risvegliamoci dalla collusione. La mia e’ la storia di chi ha creduto che anche in questa terra si puo’ fare impresa ma sto pagando dei prezzi incredibili. Ho l’unica azienda in Italia con il presidio armato dell’esercito. Ma se contro la ‘ndrangheta in qualche modo sto resistendo, sto morendo per altri motivi. Il 31 dicembre alcune mie aziende chiuderanno. Saro’ costretto a licenziare 43 lavoratori per i furti subiti da quelle che definisco vere e proprie organizzazioni criminali, le banche. Ho dietro le spalle undici anni di sentenze e guerre giuridiche nonostante le quali non sono riuscito a farmi risarcire quanto la legge ha stabilito. Ma non intendo arrendermi. Non intendo consentire a nessuno, sia esso un padrino con coppola e fucile, o vestito in giacca e cravatta di potermi sopprimere, cancellare i miei bisogni, i diritti e la speranza”.

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