PD e PDL cercano di mettersi d’accordo, M5s boccia tutti e fa i suoi nomi
Giorgio Napolitano mercoledì 14 gennaio alle ore 10,35 si dimette, dopo nove anni di presidenza, la più lunga, ma sicuramente non la più felice della nostra Repubblica. Pietro Grasso presidente del Senato, proprio come da legge, in quanto seconda carica ufficiale dello Stato, ha assunto da quel momento l’incarico di “Presidente della Repubblica supplente”. Egli avrà tale ruolo fino al momento in cui le due Camere in seduta comune si riuniranno ed eleggeranno il nostro nuovo Presidente della Repubblica. Le elezioni sono previste per il 29 gennaio alle ora 15.00.
Il toto nomi non si fa attendere e i nostri politici si contendono i nomi più papabili, facendo dichiarazioni le une contrastanti con le altre. Sono indette diverse riunioni di partito in questi giorni per i “possibili Presidenti della Repubblica” e quindi per i nomi da sostenere partito per partito. Sono previste: lunedì l’assemblea dei Fratelli d’Italia; martedì la riunione del gruppo della Lega; mercoledì quella di Fi; giovedì Sel e venerdì M5s.
Per il Pd la rosa dei nomi, è abbastanza chiara e si può ricondurre a sei personalità diverse: Amato, Fassino, Finocchiaro, Mattarella, Padoan e Veltroni. Matteo Renzi afferma che l’obiettivo del Pd è arrivare all’elezione del nuovo presidente della Repubblica «in tempi ragionevoli, al quarto o quinto scrutinio». Il premier però non ha fatto alcun nome. Dal giornale “La Stampa” però filtra che tra i preferiti di Renzi ci sarebbero Fassino, Mattarella e Bassanin. A proposito dell’importanza di Berlusconi all’interno di queste dinamiche, poi, il nostro capo dello stato ha ribadito l’importanza del suo consenso ma ribadendo la sua intenzione di trovare al più presto un’intesa sul nome del successore di Napolitano ha anche inviato un messaggio chiaro a Berlusconi: “se dice no ce lo eleggiamo da soli”. Anche Debora Serracchiani, vicesegretario del PD sottolinea l’importanza del leader di Forza Italia: “senza Berlusconi non si può eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Credo che non si potrebbe e dovrebbe fare mai senza alcuna forza politica”- il vicesegretario del PD continua sottolineando come sia- “Fondamentale il profilo internazionale. Serve anche perché i nostri rapporti con l’Europa sono fondati spesso da relazioni anche personali, sono relazioni che si costruiscono negli anni”. Silvio Berlusconi ha replicato ribadendo che il suo sì è assolutamente necessario e che il suo partito non accetterà un nome che sia: “il seguito dei tre presidenti di sinistra che ci hanno portato una condizione di non democrazia”.
Un discorso a parte va fatto per Beppe Grillo che oltre che proporre i suoi nomi boccia anche quelli degli altri schieramenti politici. Il suo M5s attraverso il blog e i vari forum sta cercando di capire le preferenze dei suoi elettori. Fino ad ora le preferenze degli utenti sembrano ricadere su magistrati che si sono distinti per la lotta in prima linea alla mafia o al terrorismo e non sono legati oggi ad un partito tradizionale. Spuntano ad esempio i nomi di Antonino Di Matteo, pm dell’inchiesta sulla trattativa tra Cosa Nostra e Stato, Ferdinando Imposimato, che si occupò del sequestro Moro e dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II, e Gherardo Colombo, noto per aver contribuito ad inchieste come su P2 e Tangentopoli. Spuntano anche i nomi di autorevoli costituzionalisti già indicati alle Quirinale nel 2013, come Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Tra le new entry compaiono poi l’economista no-euro Alberto Bagnai, docente di politica economica all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione antimafia Libera, Giuseppe Pignatone, procuratore di Roma e coordinatore dell’inchiesta su Mafia Capitale che ha svelato un sistema di corruzione e connivenza tra criminalità e politica al Campidoglio, Milena Gabanelli, che risultò più votata ma rifiutò la candidatura, Gino Strada, Emma Bonino, Gian Carlo Caselli, Dario Fo e Romano Prodi. Le bocciature di Beppe Grillo, invece, non si fanno attendere nelle sue dichiarazioni pungenti: “i nomi che circolano per il prossimo presidente della Repubblica sembrano uscire dal tunnel dell’orrore di un Luna Park. C’è Walter Veltroni l’africano che prometteva di espatriare in Africa dopo aver fatto il sindaco del Comune di Roma, ma è ancora qui legato alle mammelle della politica. Dalle foto recenti sembra essersi trasformato in un pinguino del Madagascar, lo baratteremmo volentieri con un transatlantico di rifugiati”. Poi boccia Piero Fassino, Pietro Grasso, Anna Finocchiaro, Roberta Pinotti, Sergio Mattarella e Giuliano Amato e dice: “Al Luna Park, oltre al tunnel dell’orrore, c’è però anche il tunnel dell’amore. Si entra in due su un vagoncino, innamorati, le braccia dell’uno dietro alle spalle dell’altro. I piccioncini sono Renzi e Berlusconi. Entrambi vogliono un presidente di garanzia. Uno per rimanere al governo e avere un firma tutto sempre a disposizione (si sente già la nostalgia canaglia di Napolitano…), l’altro per ottenere l’agibilità politica”.
Un’alleanza tra i vari partiti politici, come è ravvisabile dalle dichiarazioni dei vari leader politici sopracitati, è inverosimile. Stavolta però a differenza del 2013, è fantascientifico pensare che ci possa essere un Napolitano pronto a salvarci e a metterci “quasi” tutti d’accordo. Anche in questo “caso politico”, cioè nell’elezione del Presidente della Repubblica, ormai come in quasi tutti gli aspetti dell’Italia (vedi economia, finanza, istruzione e lavoro), si riflette il caos italiano che la disunione della politica da un paio di anni non riesce a placare per i suoi capricci di potere. Forse dovemmo pensare un po’ meno all’identità di partito e un po’ di più alla nostra identità italiana.