L’esodo del capitale umano rischia di gettare Calabria e Sicilia in un circolo virtuoso di problemi sociali
La problematica dell’emigrazione giovanile che colpisce la Calabria, la Sicilia e il resto delle regioni meridionali comporterà nel tempo un continuo degrado del territorio. La Calabria di fatti impoverendosi del proprio capitale umano difficilmente potrà trovare le forze per ritrovare gli stimoli al rilancio dello sviluppo sociale e dell’economia. Meno giovani attivi sul territorio significa riduzione del tasso demografico ed inoltre un abbassamento del livello di natalità. Infatti i giovani che emigrano in altre regioni d’Italia o all’estero, tutti in età di “famiglia” tenderanno a creare il proprio nucleo lontano dalla regione di origine. Meno demografia significa ulteriormente un continuo abbassamento della popolazione attiva ed un invecchiamento generale con un numero di pensionati sempre più alto. I pensionati sono improduttivi per lo sviluppo ed anche per stimolare i consumi che saranno ulteriormente frenati. Come possiamo vedere dunque la fuga dei cervelli dalla Calabria e dalla Sicilia causerà diversi problemi a catena:
- Impoverimento capitale umano
- Riduzione tasso natalità
- Diminuzione tasso demografico
- Riduzione di popolazione attiva e dunque produttiva
- Diminuzione consumi
- Invecchiamento popolazione con conseguenti aumenti della spesa per la Sanità
“Il guaio più terribile per la Calabria è la perdita dei propri giovani. L’esodo che si sta verificando è forse peggiore di quello dell’Anteguerra o dell’emigrazione degli anni Cinquanta e Sessanta. Il nostro obiettivo è far rimanere i ragazzi nella nostra terra perché senza di loro non c’è futuro“. Lo ha dichiarato il ministro agli Affari Regionali, Maria Carmela Lanzetta. In questa Calabria al di sotto dei due milioni di abitanti, la maggior parte dei giovani dai venti ai quarantacinque anni, vanno a studiare in altre regioni italiane ed alcuni si spingono ben oltre, abbandonando definitivamente questo territorio e cercando sistemazione nel resto d’Europa o addirittura in altri continenti. Sicuramente il fenomeno oggi ha raggiunto livelli preoccupanti. E d’altra parte non è da biasimare la scelta di coloro che intraprendono un percorso di studi o lavorativo fuori dalla Terra Calabra. Le prospettive che ad oggi, le regioni meridionali offrono sono pressocché scarse o in alcuni casi inesistenti.
Chi deve costruire la propria vita non può certo affidarsi alle poche garanzie che il nostro territorio offre. La situazione può e deve cambiare. Certamente l’input di svolta più rilevante deve provenire innanzitutto dalle Istituzioni. L’appello dunque è rivolto in primis alle forze politiche, di qualunque schieramento esse siano. E’ necessario che il problema del Sud che ormai da tanti anni è argomento di qualunque Governo che si sia succeduto, non diventi solo un arma in mano ai politici al fine di “recimolare” voti in prospettiva di elezioni, dichiarando promesse poi non mantenute. Occorre avere una piana consapevolezza del problema, affinché esso diventi non una situazione in continuo stand- by di cui occuparsi solo secondariamente dando precedenza alle problematiche nazionali definite più “urgenti”. Il problema del ritardo economico e sociale della Calabria, della Sicilia e del resto del Meridione, deve diventare il compito primario delle Istituzione.
Sicuramente, in questo periodo di forte crisi economica in cui le disponibilità finanziarie sono molto deboli, non ci si può aspettare un incremento degli investimenti privati e della spesa pubblica. Ma è bene ricordare che, l’Italia, ha un importante strumento di cui poter usufruire ossia i Fondi Strutturali Europei, nati proprio al fine di stimolare la crescita e lo sviluppo economico e sociale di tutte quelle regione europee in forte ritardo dunque anche la Calabria e la Sicilia. Nei passati cicli, la presenza del flusso economico dei fondi strutturali pare non essere stato impiegato in modo idoneo. Ciò è stato imputato al fatto che le procedure burocratiche delle amministrazione regionali sono procedure complesse e molto lente. A questo punto, dinnanzi all’aiuto che l’Europa stanzia per il problema delle regioni in ritardo ed al problema di “gestione” degli stessi, occorrerebbe dunque che le istituzioni si adoperassero per snellire i lenti e contorti passaggi burocratici per permettere alle regioni destinatarie di questi benefici di poterne godere a pieno e soprattutto poter raggiungere l’obiettivo per cui i Fondi sono stati istituiti: stimolare lo sviluppo, e di riflesso, limitare quelli che sono i danni causati dalla fuga dei cervelli che si è diffusa ormai a macchia d’olio sull’intero territorio calabrese e siciliano.