Mentre in Italia e Germania buona parte della popolazione inneggiava ai due gloriosi condottieri Hitler e Mussolini ed il poker veniva vietato al pubblico, alcune migliaia di Km più a Est, in quel paese che allora si chiamava Unione Sovietica, lo stesso gioco veniva parimenti osteggiato.
I motivi di quest’atteggiamento erano due: il primo era che il poker era stato largamente praticato dal regime zarista deposto nel 1917 e, pertanto, era inviso alla popolazione; il secondo era che il poker era etichettato come gioco capitalista.
Per la verità, per le autorità non fu molto difficile convincere la popolazione a non giocare a poker, per il semplice fatto che la stessa non aveva nulla da mettere come posta.
C’è da dire che i Bolscevichi, dopo la presa del potere, se da una parte abolirono il poker dalla lista dei giochi permessi, dall’altra erano soliti organizzare tornei riservati alla nomenklatura del Partito Comunista, secondo una prassi consolidata nella storia da quasi tutti i regimi e gruppi di potere.
Tuttavia in Unione Sovietica, per il poker, si sperimentarono inedite applicazioni.
Tanto per cominciare i tornei erano chiamati “politbiuro”, in modo tale che la popolazione non potesse sospettare di cosa si trattasse.
A tali tornei veniva inoltre demandata la risoluzione delle dispute, nonché la nomina dei capi.
E’ inutile dire che, nel caso di quest’ultima circostanza, i tornei erano estremamente combattuti.
E ciò per due ordini di motivazioni: da una parte, i vincitori godevano d’immensi privilegi, dall’altra chi non riusciva ad arrivare a premi veniva “trasferito” in Siberia, dove non si poteva giocare a niente.
Saverio Spinelli