Ragazze italiane liberate in Siria, polemiche sul riscatto

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Il governo italiano nega, ma altre fonti dichiarano il pagamento di 12milioni di dollari

sequestrateIeri, mercoledì 15 gennaio, sono state liberate Vanessa Marzullo, nata a Cosenza dove ha  vissuto fino al 2000 e Greta Ramelli di Brembate (BG), dopo che erano state rapite il 31 luglio nel nord della Siria. Nel video del primo gennaio 2015 che le ha viste protagoniste le due ragazze chiedevano aiuto al governo italiano in quanto rischiavano di essere uccise perché in mano al ramo siriano di Al Qaeda. La loro liberazione oltre che creare gioia e sollievo in molti all’interno delle dinamiche politiche ha generato anche qualche malcontento. Le ragazze, infatti, secondo alcuni sarebbero state liberate  a seguito del pagamento da parte del governo italiano di un riscatto. Il governo però, come di consuetudine, nega qualsiasi tipo di trattiva con il gruppo di rapinatori, ma dalle altre fonti continuano a rincorrersi conferme e smentite, anche tra gli stessi jihadisti, sull’eventuale pagamento di un riscatto per la liberazione delle cooperanti italiane. Infatti, se un account Twitter riconducibile ai miliziani siriani del Fronte al-Nusra dichiara: «Il motivo del loro arresto è che molti agenti dei servizi segreti occidentali entrano (in Siria, ndr) come operatori umanitari. Le due ragazze sono state prese e sono state interrogate. E poi sono state rilasciate». C’è anche un tweet di un account ritenuto vicino ai ribelli siriani anti-Assad in cui si parla di un “riscatto di 12 milioni di dollari”. Matteo Salvini, leader della Lega Nord, avalla questa ipotesi, infatti, attraverso Twitter dichiara: “La liberazione delle due ragazze mi riempie di gioia ma l’eventuale pagamento di un riscatto che permetterebbe ai terroristi islamici di uccidere ancora sarebbe una vergogna per l’Italia”.

Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato afferma invece: “Siamo felici che Vanessa e Greta siano tornate vive e libere in Italia dopo una missione i cui contorni ci restano sostanzialmente sconosciuti e di cui non comprendiamo la portata. Ma attendiamo chiarimenti urgenti da parte del governo sull’ipotesi che sia stato pagato un riscatto. Che la liberazione di ostaggi in aree di crisi sia avvenuta dietro pagamento sotto governi di vario orientamento è purtroppo una realtà che immaginiamo”. Continuando dice: “Ciò non toglie che pagare i terroristi sia comunque sempre un tragico errore. Non c’è bisogno di riandare nella memoria storica italiana ai tempi del partito della fermezza che non accettò i ricatti delle Brigate Rosse durante il sequestro Moro. Bisogna chiarire che chi si reca in paesi a rischio, a maggior ragione fuori dalla conoscenza del governo sulle ragioni di questi viaggi, non può essere oggetto di trattative commerciali da parte del terrorismo. I soldi – sottolinea Gasparri – dobbiamo impiegarli per aumentare la sicurezza nelle nostre città, come chiesto ad esempio dal prefetto di Roma per presidiare gli obiettivi sensibili. Ci auguriamo che il governo possa smentire una pratica che deve cessare. E forse sarebbe meglio che il governo, invece di pagare riscatti ai terroristi, si impegnasse politicamente per porre fine al sequestro dei nostri marò da parte delle sedicenti autorità indiane”.

imagesIl tema è più complesso di quanto sembra. Questo tipo di casi si ripetono più di quanto tutti vorremmo e diventano un caso diplomatico ancora prima che un caso umanitario. Se da un lato, per il governo italiano è un successo la liberazione degli ostaggi rapiti all’estero e sarebbe una sconfitta il caso contrario, non si può pensare di lasciare delle nostre connazionali sole al proprio destino. Dall’altro lato, l’arrendevolezza al pagamento di un qualsiasi tipo di riscatto nei confronti di questi fronti armati, non fa altro che aumentare le possibilità che questo tipo di rapimenti avvenga. Proprio per questo, tale tipo di “business” rischia di non cessare mai più. Come, infatti, si può dedurre da La Jabhat al-Nusra, “il fronte di sostegno per il popolo siriano”, che è cresciuto esponenzialmente grazie ad una incredibile disponibilità di armi e fondi, la cui fonte principale di finanziamento, oltre alle generose donazioni che arrivano dall’estero, è proprio quella che arriva dai riscatti. Il New York Times, infatti,  ha stimato che Al Qaida e i gruppi affiliati ad essa abbiano incassato oltre 125 milioni di dollari negli ultimi 5 anni, la massima parte versati stati europei.

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