Libia: le basi da cui potrebbe partire un intervento militare internazionale

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LaPresse/REUTERS TV/Social media via Reuters TV

La Libia si situa esattamente al centro della turbolenta sponda sud del Mediterraneo, una delle aree strategicamente piu’ importanti e piu’ fortemente militarizzate del globo. Fra le nazioni rivierasche, piu’ il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Russia, vi sono schierate un migliaio di navi da guerra e altrettante navi appoggio, compresi i mezzi da sbarco. Almeno un migliaio sono gli aerei da combattimento impegnati nello scacchiere, e notevole e’ anche la potenza nucleare presente. Fra marinai e avieri, sono non meno di 250 mila gli effettivi militari interessati. Lo scacchiere mediterraneo si estende, dal punto di vista geostrategico, dalle Canarie e le Azzorre, nell’Atlantico, al Mar Rosso e il Golfo Persico, compresa l’area sub-sahariana sino al Corno d’Africa, ed e’ sufficiente un’occhiata alla carta geografica per capire l’importanza che, in un’eventuale azione militare, sarebbe ricoperta dall’Italia, che taglia in due il “mare nostrum” e si proietta verso le coste libiche come una lunga pista aerea. Va considerato poi che l’Italia possiede un consistente apparato militare, con basi disseminate sul territorio in grado di supportare non soltanto i mezzi propri ma anche quelli di altre nazioni partecipanti al conflitto. Senza contare che il nostro paese dispone, malgrado le difficolta’ di bilancio, di Forze armate professionali, il cui addestramento e la cui efficienza sono ampiamente riconosciute, con una componente aerea e una navale di tutta consistenza, compresa la possibilita’ di schierare due portaerei. Non e’ un caso che l’Italia sia stata al centro dell’apparato strategico disposto per l’intervento militare del 2011, attuato in base alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’Onu a tutela delle popolazioni civili coinvolte nella guerra civile libica. Verosimilmente, lo stesso apparato verrebbe messo in opera nel caso di una nuova azione internazionale nel paese africano. L’Italia, all’epoca, mise a disposizione le basi di Trapani e Sigonella in Sicilia, di Decimomannu in Sardegna e di Gioia del Colle in Puglia. A Trapani vennero ospitati i velivoli inviati dal Canada, a Sigonella quelli di Danimarca e Svezia, a Gioia del Colle quelli del Regno Unito, a Decimomannu quelli di Spagna, Emirati arabi uniti e Paesi Bassi. A disposizione anche le basi di Capodichino, Aviano e Pantelleria. Per le operazioni navali, l’Italia sposto’ di fronte alle coste libiche la portaerei Garibaldi, che assunse le funzioni di nave comando, il rifornitore Etna e la nave da sbarco San Giusto. Altre dieci navi italiane entrarono in azione in giorni diversi: fra queste, le fregate Euro e Libeccio e i cacciatorpediniere Mimbelli e Andrea Doria. La Francia, che per prima apri’ il conflitto con un attacco condotto autonomamente il 19 marzo 2011, si servi’ delle proprie basi di Nancy, Saint-Dizier, Digione, Istres e Avord sul territorio continentale e di Solenzara in Corsica. Attuo’ anche un imponente schieramento navale, inviando dapprima le fregate Jean Bart e Forbin, seguite poi dal gruppo aeronavale della portaerei Charles de Gaulle, comprendente le fregate Dupleix e Aconit, il sottomarino nucleare Amethyste e la nave ausiliaria Meuse. Inoltre schiero’ la nave d’assalto anfibia Tonnerre e la portaelicotteri Mistral. Il Regno Unito fece inizialmente partire i propri velivoli dalle basi di Lossiemouth in Scozia e di Marham in Inghilterra, e data la distanza dagli obiettivi dovette servirsi di aerei-cisterna per il rifornimento in volo. Per questo, fini’ per appoggiarsi alla base italiana di Gioia del Colle e alla base Raf di Akrotiri’, a Cipro. La Grecia mise a disposizione la base di Araxos, alla quale si appoggio’ il Belgio, e quella di Suda sull’isola di Creta, che vide anche mezzi francesi, del Qatar e della Norvegia; si servi’ inoltre delle basi di Aktion e Andravida. Gli Stati Uniti si servirono delle basi di Rota, Moron de la Frontera e Torrejon in Spagna, Spangdahlem in Germania e Aviano in Italia. Ma soprattutto mobilitarono i mezzi navali, con una forza comprendente undici vascelli, fra cui i cacciatorpediniere Stout e Barry e i sottomarini nucleari Providence e Stanton. I mezzi statunitensi trovarono appoggio anche ad Akrotiri, da cui partirono gli aerei da ricognizione U2 e Aviano. Alle basi aeronavali impiegate nel 2011 si appoggeranno con ogni probabilita’ le forze impegnate anche in un eventuale prossimo conflitto per pacificare la Libia, in particolare le strutture italiane, come gia’ avvenuto. L’operazione che si profila, tuttavia, non potra’ limitarsi a raid aerei o lanci di missili da crociera da navi disposte al largo. Dovra’ necessariamente configurarsi come una missione di “peace enforcement”, ovvero di imposizione della pace. Per questo, le forze aeronavali non bastano: e’ necessario l’intervento di truppe di terra che occupino il territorio e vadano a snidare i terroristi nei loro rifugi. Da quali basi possano partire queste truppe, a prescindere da eventuali contingenti sbarcati, e’ difficile poterlo prevedere senza sapere in precedenza quali paesi confinanti con la Libia potranno partecipare alla coalizione internazionale. L’Egitto e’ gia’ virtualmente entrato nel conflitto con i raid aerei contro lo Stato islamico in territorio libico. Potrebbe mettere a disposizione le sue basi e i suoi mezzi corazzati, me e’ questione da vedere. Non e’ chiaro come reagira’ l’Algeria, che ha sempre proclamato la sua volonta’ di rimanere estranea ad ogni conflitto. Difficile anche prevedere le reazioni della Tunisia, che si regge su un equilibrio politico precario. Niger, Ciad e Sudan hanno i loro problemi, non indifferenti, e difficilmente si faranno coinvolgere a rischio di sollevazioni interne. Comunque sia, un eventuale conflitto non si profila ne’ semplice, ne’ breve e soprattutto con costi limitati in vite umane e denaro.

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