Messina, il dissesto c’è ma non si vede? L’inchiesta ed i suoi nodi

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L’indagine si concentra sui bilanci che vanno dal 2009 al 2011. La Procura denuncia le collusioni trasversali, ma il dissesto non è mai stato dichiarato

Comune-di-Messina-Palazzo-Zanca-1Tra consiglieri comunali, esponenti delle Giunte del passato e dirigenti, sono sessantadue le persone raggiunte da una richiesta di rinvio a giudizio nell’ambito dell’indagine condotta dalla procura di Messina sui bilanci di Palazzo Zanca dal 2009 al 2011. Siamo solo alle prime battute, è chiaro, ma il pm Antonio Carchietti ed il suo consulente Vito Tatò sono sicuri di aver fatto un lavoro certosino.

A finire nel mirino è la gestione delle casse di Palazzo Zanca, la cui situazione critica avrebbe dovuto indurre gli amministratori a proclamare il dissesto. Evidenziando la discrasia fra quanto dichiarato nei documenti contabili e la situazione reale della massa debitoria, la Procura ha alzato il tiro, contestando in siffatto modo il mancato default.

La deficitarietà strutturale dell’ente sarebbe stata celata ai cittadini dagli amministratori, i quali – allontanando un’azione oculata di risanamento – avrebbero tratto giovamento, probabilmente in termini elettorali, dalla situazione, rinviando sine die la soluzione dei problemi alle amministrazioni future. Non a caso il falso ideologico è una delle fattispecie di reato su cui la Procura ha insistito particolarmente. Per la magistratura, una sorta di alleanza trasversale fra dirigenti ed esponenti politici dopava i bilanci, dissimulando le dimensioni reali del deficit destinato a ricadere sulle spalle della comunità.

Emblematica la situazione delle partecipate, dove l’assenza di controlli sarebbe stata la routine. Qui, per gli inquirenti, “il peso degli oneri a carico del bilancio dell’ente è stato costantemente superiore alle risorse messe a disposizione” da Palazzo Zanca, così la classe dirigente si affidava alla vendita degli immobili da sempre poco remunerativa.

L’indagine è ovviamente circostanziata e si muove su un lasso temporale ben definito. E’ chiaro, però, che la recente adozione del Piano di Riequilibrio accende la polemica, almeno se il capo d’imputazione sostanziale resta l’omessa dichiarazione di dissesto. Nell’attesa che la Corte dei Conti si pronunci in maniera definitiva, in molti storcono il naso. “Se i revisori a suo tempo davano l’ok, il Consiglio che doveva fare? Bloccare tutto per un pregiudizio? Andando avanti così, dovremmo eleggere solo commercialisti”, chiosa un esponente di spicco di quegli anni.

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