“Via la scritta Dux dall’obelisco del Foro Italico”: ed è polemica su una frase pronunciata dal Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini. Sono stati espressi pareri divergenti sulla rilevanza storico-artistica delle opere risalenti all’epoca fascista. Reggio, tra le altre città, è una “testimone” di quegli anni
La Boldrini, infatti, durante la cerimonia a Montecitorio organizzata per ricordare il 70esimo anno della Resistenza, avrebbe dato il suo tacito consenso ad un partigiano che le ha espresso il desiderio di “ripulire” l’Italia dal Fascismo, e per questo di eliminare anche la ormai chiaccheratissima scritta sul Foro Italico.
Laura Boldrini, visto il gran polverone sollevatosi, si è difesa considerando la polemica “falsa e ridicola”, e ribadendo il fatto di non volere abbattere nulla, offesa per essere stata paragonata sui giornali all’Isis.
Nonostante ciò, inevitabilmente se ne è parlato, se ne sta parlando, e tanti sono stati i pareri, anche autorevoli, tutti basanti sull’importanza non solo del ricordo, per quanto atroce e doloroso, inteso dal punto di vista della storia, ma soprattutto sulla rilevanza artistica di monumenti, palazzi, statue, sparsi sul territorio italiano, risalenti all’epoca fascista.
“Salvaguardiamo le opere del Razionalismo”, si dice, ed il tutto a pochi giorni dal 25 aprile, l’anniversario della Liberazione dell’Italia. In questo gran parlare, poi, è inevitabile che il ricordo degli anni di guerra si faccia ancora più vivido. È indubbio che nessuno rimpianga quel periodo, un periodo in cui i regimi totalitari facevano da padroni, in cui i partigiani hanno combattuto affinchè l’Italia si liberasse dalla dittatura fascista. Queste due realtà, come si evince, sono strettamente collegate: non si può parlare di una senza riferirsi all’altra; ed è qui che il ricordo, oltre che divenire più vivido, pone in primo piano una storia che ad oggi ci sembra lontana, ma che vive ancora nella memoria di molti, sui libri di scuola, e sui monumenti. Una storia di cui anche Reggio è diretta testimone: Palazzo Piacentini, la Stazione Centrale, che tra l’altro accolse l’arrivo di Mussolini negli anni della sua “gloria”, statue, chiese e palazzi, come quello adiacente a piazza del Popolo, ex casa del Fascio da cui il duce si affacciava, e oggi sede della sezione staccata del TAR della Calabria. Tutte strutture progettate secondo i criteri razionalisti, che risalgono all’epoca fascista. Certamente Roma è la capitale d’Italia anche in questo senso: l’architettura fascista si erge da ogni angolo della città.
Ed è in merito alla salvaguardia di tali beni culturali, storici, artistici, che molti studiosi, sia locali che conosciuti a livello nazionale, si sono sentiti il diritto di intervenire. “Ignoranza”, a ciò si è rifatto Vittorio Sgarbi nel parlare di Laura Boldrini.
Ma tralasciando chi ha sbagliato o meno, le frasi dette, l’intera polemica, qui non si vuole difendere, riferendosi a quel periodo, un modo di gestire il potere: si sta cercando di dare la giusta rilevanza alle cose. Ricordare, si deve ribadire, è la chiave per riflettere sul passato e pensare al futuro. Le scritte, ancora oggi esistenti, che inneggiano ai valori di quel tempo, documentano un’ideologia che ha portato a stragi vere e proprie, ed è questo che la gente si deve ricordare. I fanatici, purtroppo, ci sono e ci saranno sempre, e la colpa di ciò non si può attribuire ad una scritta. La storia è fatta dagli uomini. Il fanatismo, ad esempio, si ricollega anche al modo di intendere una religione, e lo si sta alimentando proprio ai giorni nostri.
Ad alimentare, invece, il sapere è altro: qui a Reggio, come nel resto d’Italia, la bellezza dei monumenti simbolo dell’epoca fascista evidenzia la genialità dei progettisti dell’epoca, richiama tecniche caratterizzanti il passato. E nella nostra città, “patria” della Magna Grecia, resiste più di una traccia delle bellezze passate.