A Locri, un’immobile confiscato al clan Cataldo diventa un’Ostello della Gioventù: il progetto, realizzato grazie ai Fondi Europei Fesr, sarà inaugurato presumibilmente il prossimo Maggio con grande soddisfazione ed orgoglio della comunità locrese
La comunità di Locri può finalmente gioire per aver portato a termine un progetto tanto arduo e difficile, quello di far diventare un bene confiscato alla ‘ndrangheta patrimonio della città affinchè possa ne beneficiarne la collettività. Un immobile confiscato al clan Cataldo infatti è il primo ad essere diventato patrimonio dei locresi, trasformandosi in un Ostello della Gioventù. La struttura, che verrà inaugurata molto probabilmente il prossimo maggio come riportato sulla Gazzetta del Sud, non è il primo bene di cui la comunità si riappropria legittimamente; dal 2001 al 2006 sono stati diversi gli immobili confiscati non solo al clan Cataldo ma anche Cordì e D’Agostino. L’iniziativa dell’Ostello della Gioventù è uno dei risultati positivi raggiunti grazie all’azione dell’allora sindaco Macrì che nel 2008 propose al Consiglio Comunale la delibera votata all’unanimità, circa la «manifestazione d’interesse all’acquisizione dei beni confiscati”, stabilendo che questi ultimi sarebbero stati destinati a finalità istituzionali per il bene della collettività locrese.
E’ noto infatti che spesso in Calabria, i beni confiscati, attraverso strani artefizi e giri “larghi” rientrano nel possesso degli originari padroni malavitosi. L’ostello di Corso Garibaldi è stato realizzato grazie al Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), ed è rientrato fra gli oggetti di indagine e studio del progetto giovanile “A Scuola di Open Coesione – Giovani in cammino”. Gli studenti del liceo Zaleuco, che sono stati ammesse al progetto insieme ad altre 29 Istituti di tutta Italia, hanno infatti avviato un’indagine a 360 gradi ed un monitoraggio civico dei finanziamenti pubblici e l’impiego di tecnologie di informazione e comunicazione. La struttura dell’Ostello – spiegano i ragazzi – «è stata scelta a oggetto del nostro lavoro di indagine perché siamo stati affascinati dal messaggio di cambiamento sociale veicolato da un bene prima in possesso delle cosche, che in futuro, invece, potrà rappresentare per il nostro territorio una chance di sviluppo» come si legge nella Gazzetta del Sud.