Messina, Pace e rivoluzione: così Ciacci incanta gli accorintiani. Il mito del manager “venuto da lontano”

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Ieri la rottura fra i lavoratori e il commissario. E Ialacqua parla di un “atteggiamento squadrista” dei dipendenti

Com’era prevedibile, la squadra di governo cittadino fa muro attorno al vertice di MessinAmbiente: “l’assalto” di ieri, organizzato dai lavoratori della partecipata ormai stufi del ritardo con cui percepiscono la busta paga, è inqualificabile. Di più: secondo l’assessore Daniele Ialacqua si tratta di un “atteggiamento squadrista” che bisogna respingere con forza.

Ora, ogni gesto di violenza è esecrabile e riprovevole, ma qui l’unica cosa che si è potuta constatare è l’esasperazione dei lavoratori. Lo stipendio non è un optional e, se le denunce dei sindacati sono veritiere, dai servizi sociali alle partecipate, il Comune è un soggetto inadempiente. Che non ci siano soldi in cassa è un’obiezione che regge poco: meglio sarebbe, allora, un’operazione-verità sui conti pubblici, collegata ad una stima dei lavoratori in esubero destinati alla mobilità o al licenziamento. Ipotesi esclusa da questa Amministrazione, se è vero che il via-vai fra le partecipate sta lentamente spianando la strada alla multiservizi che verrà, la cui possibile mole debitoria fa tremare le vene ai polsi.

MessinAmbiente è una pentola a pressione, lo sapevamo da tempo. Forse Ciacci se n’è stupito perché nei suoi diari aveva sempre annotato il clima collaborativo che si percepiva nella società. Il fattaccio di ieri ha fatto maturare una svolta nel giudizio del commissario: la partecipata di via Dogali ha scalato la classifica delle esperienze negative dello stratega di Capannori, ben oltre le sue missioni in Guatemala o Chiapas, dove pure lavorava in contesti di violenza sotto l’egida dell’Onu. Sembra uno scenario un po’ apocalittico, quello descritto da Ciacci, ma non è il caso d’indugiare stante la concitazione del momento: il commento è stato scritto a caldo sui social network.

Meno comprensibile è il divismo che ha caratterizzato l’ascesa del manager in città: abbiamo passato un’estate rovinosa, dove i cassonetti dell’immondizia saturi sembravano pretendere personalità giuridica, tanto erano diventati grandi. Ciclicamente riaffiorano le proteste dei lavoratori, sia per le mancate mensilità corrisposte, sia per il parco mezzi a disposizione, con tutto ciò che ne consegue in termini di sicurezza sul posto di lavoro. Ciacci ha uno spirito brillante e mediaticamente si vende molto bene: non si spiegherebbe altrimenti l’innamoramento collettivo dei militanti di Cambiamo Messina dal Basso. Eppure ragioni per essere scettici ce ne sono a bizzeffe: dai ritardi nella differenziata porta a porta al dossier legato alla discarica di Pace, dal licenziamento mai chiarito di Natale Cucè alle generose concessioni fatte a Raphael Rossi, l’unico braccio destro capace di dismettere l’abito di consulente a titolo individuale per ereditare mansioni più o meno analoghe come amministratore unico di una società neo-costituita.

Insomma, i nodi sono tanti, ma nell’epoca dell’uomo solo al comando l’affermazione di Ciacci è figlia dello spirito dei tempi: quanto avvenuto ieri pomeriggio è emblematico. Dietro l’insegna “Pace e rivoluzione”, gli attivisti accorintiani hanno acclamato il numero uno di MessinAmbiente per il suo impegno in città: Pace e rivoluzione, un motto non male per un semplice commissario liquidatore.

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