Stamane è stato trovato morto un barbone su una panchina del centro di Reggio Calabria. Tra immigrati e senzatetto si fa sempre più urgente un intervento di prevenzione e di aiuto
Un problema, come si diceva, che si cala all’interno di una situazione che non riguarda purtroppo solo la nostra città, ma con cui comunque dobbiamo fare tutti i giorni i conti. Chiunque, conoscendo bene Reggio, sa perfettamente che ormai da tempo si affollano in città barboni e senzatetto, che passeggiano talvolta per le vie principali nell’indifferenza totale dei passanti.
Sono per di più anziani, immigrati, ma anche giovani, che sprecano quel poco che guadagnano facendo l’elemosina per arrecarsi del male (fisico e psicologico). Molte volte sono scherniti, dai ragazzini soprattutto, altre lasciati in balia di loro stessi; in altre circostanze ancora viene denunciata la loro presenza alle forze dell’ordine, e questo per la paura che provocano nelle persone. L’aiuto che è stato loro concesso a volte è stato prontamente rifiutato, una decisione che va a confermare il loro stile di vita, fortemente voluto da alcuni.
Si ritrovano specialmente nella zona sud della città, ma anche in molti posti del centro, come quello intorno alla Villa comunale, dove sono stati spesso visti a bere e a stanziare di notte. Chi poi può dire di non aver mai visto un “barbone”, come vengono chiamati, seduto fuori dalle chiese, dai locali, dai supermercati?
Approfondimenti, statistiche, ragionamenti, dibattiti sono stati fatti in merito ai senzatetto nelle città; si sono elaborate varie teorie, scoperte diverse realtà: molto di loro, infatti, sono costretti a scegliere questa vita in seguito alla perdita del lavoro, e di conseguenza anche ad una stabilità familiare; altri sono ridotti in condizioni di estrema povertà e decidono di vivere di elemosina. A questi, però, soprattutto negli ultimi tempi, si va ad aggiungere una “folla” di immigrati, di stranieri che giungono in Italia in cerca di una vita migliore e poi si ritrovano a passare le loro giornate presso i semafori, lungo le strade.
Il più delle volte, almeno a Reggio Calabria, molti non recano danno agli altri, ma soprattutto a loro stessi: si procurano dell’alcool, o delle sostanze stupefacenti, litigano tra di loro provocando vere e proprie risse, ed il tutto sotto gli occhi dei cittadini.
È indubbiamente necessario, vista questa emergenza, poter garantire la sicurezza ed una vita dignitosa a tutti, in una realtà dove i dormitori ed i centri di accoglienza, spesso improvvisati, o mancano oppure sono stracolmi di persone, dove si dovrebbero avviare ed attuare delle politiche di prevenzione e di aiuto.
È recente, sempre qui in Calabria, la storia di un altro senzatetto morto per il freddo alla stazione di Rossano Calabro, nel cosentino. Fatti come questi fanno suonare un campanello di allarme nelle istituzioni, nella popolazione, spaventata, lo si deve dire, dalla presenza di quelli che chiamano “barboni”.
Ma al di là della paura, ciò che fa più riflettere è la totale indifferenza con cui la maggior parte delle volte vengono trattate queste persone. Un atto di prevenzione da parte nostra, per esempio, potrebbe essere quello di offrire loro, quando lo accettano, un indumento, qualcosa da mangiare, e non soldi che troppo spesso servono a garantire il loro malessere, ma anche quello degli altri. È successo, anche qui in città, che alcuni senzatetto ubriachi aggredissero i passanti. Sono scene come queste che poi fanno scaturire la paura, spesso giustificata, l’avversione verso gli altri, in una terra che si sta proclamando come la terra dell’accoglienza e dell’integrazione. E poi si arriva a tragedie vere e proprie, come quella accaduta stamane, o a Rossano Calabro: la perdita di una vita.
Si è sentito parlare della volontà di istituire un assessorato ai diritti umani e alla solidarietà, uno dei tanti tasselli da aggiungere ad una realtà in cui servono anche le politiche della casa, e questo è un problema nazionale. Tra sgomberi, perquisizioni, retate, violenze, risse, le coscienze delle persone sono sballottate tra sentimenti di avversione e di solidarietà; non si sa più dove sbattere la testa.
“Foto di repertorio”