La Siria sotto l’attacco dell’Isis: una storia di speranza dal campo profughi di Yarmuk

StrettoWeb

La speranza esiste ancora in Siria, dove le forze del terrorismo islamico hanno “schiavizzato” la popolazione del campo profughi di Yarmuk

Ne abbiamo parlato già ieri. La “follia” che sta animando il mondo si diffonde sempre più a macchia d’olio, dà vita a vere e proprie tragedie, guerre, uccisioni. E se ieri abbiamo fatto riferimento a due casi in cui un gesto “folle” poteva ed ha causato terribili conseguenze, oggi ci riferiamo a quello che sempre il filone della stessa “follia” pericolosa, omicida, sta provocando in un Paese non molto lontano da noi.

In Siria ogni giorno, sotto bombe, rapimenti, decapitazioni, muoiono migliaia di persone, abitanti di quella terra minacciata da un’ombra che sta ormai facendo tremare il mondo: il terrorismo.

Risale solo a poche ore fa la notizia di un attacco hacker dello stato islamico all’emittente francese TV5 Monde: “Je suis ISIS” è la scritta comparsa sugli schermi, un chiaro riferimento alla vicenda di Charlie Hebdo.

L’Isis sta facendo strage di innocenti, sta distruggendo la vita non solo delle sue vittime, ma dell’intera popolazione mondiale: è la paura che si sta diffondendo, la paura di un pericolo imminente; ma per chi con questa stessa paura deve fare i conti tutti i giorni, tutti i momenti, la situazione è insostenibile.

Proprio lo scorso mese di marzo, tutti i giornali, le tv, i siti internet, hanno ricordato che in Siria si combatte da 4 anni: migliaia di persone, di bambini, sono stati coinvolti in questa guerra, migliaia di loro sono scappati da quegli orrori e via mare hanno raggiunto anche l’Italia.

Ma la situazione non cambia, e si sente parlare ancora e sempre più di quanto sta accadendo in quelle terre. Una delle zone più colpite è sicuramente il campo profughi palestinese di Yarmuk, assediato dalle forze dell’Isis e di al Qaeda. La popolazione del campo ogni giorno prova a sfuggire a questo assedio, ma per chi resta la realtà è tragica. Yarmuk si trova alle porte di Damasco, per cui è costantemente soggetto a bombardamenti e guerriglie di ogni tipo. Tra i fuochi vivono le persone, persone stremate dalla guerra, dalla fame, dalle condizioni in cui quest’attacco li ha costretti.

Manca ogni tipo di materia prima, la popolazione muore, eppure rimane ancora la speranza. Una “goccia” di questa speranza viene raccontata oggi su Repubblica: il giornalista Alix Van Buren, infatti, si fa testimone ed interprete di una bellissima storia di fede e speranza, per l’appunto. Un noto film di indubbio successo si intitola “La leggenda del pianista sull’oceano”: ebbene, riprendendo il titolo, si narra la storia di un altro “leggendario pianista”, questa volta di Yarmuk, Aeham Ahmad, che nel bel mezzo della desolazione, della fame, delle uccisioni, dei palazzi sventrati dalle bombe, con il suo pianoforte intona musica di speranza, cantando la crisi in cui versa il suo popolo, cercando di dare “colore” al buio circostante. “Dovevo nutrire il mio spirito”, racconta il talentuoso Aeham al giornalista, che scrive una pagina quotidiana dai toni del bianco e nero: da una parte, infatti, si trasmette luce, canto, musica, dall’altro l’orrore della guerra.

E di speranza si vuole comunque continuare a parlare, soprattutto per i bambini siriani, per quelli che restano, per quelli che partono, per quelli che vengono lasciati in balia di loro stessi.

Non per niente, è recente la denuncia portata avanti dall’Unicef, preoccupata per oltre 3 mila bambini in pericolo di vita all’interno del campo. Ed alcuni di questi bambini, come si testimonia su Repubblica, si aggregano alla musica speranzosa di Aeham Ahmad, intonando con lui canti di gioia, di denuncia, di dolore anche, per una guerra ingiusta, insensata.

 

 

 

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